Dopo la tregua si sono moltiplicate le guerre: c’è la guerra sul campo nella Striscia di Gaza, la guerra diplomatica, la guerra psicologica, la guerra sui mediala guerra tra Israele e l’Onu. Una quantità di fronti aperti nei confronti dei quali Israele deve trovare risposte. L’ambasciatore all’Onu, Gilad Erdan ha dichiarato ufficialmente che la pace non può venire da un cessate il fuoco, ma solo con “l’eliminazione di Hamas”. Un cessate il fuoco significa che la sofferenza di tutti continuerà.” Abbiamo due milioni di ostaggi nella Striscia, ha spiegato l’ambasciatore e “quello che accade in Palestina determinerà il futuro della regione per generazioni. È il momento dell’azione e del coraggio.”
Risoluzione Onu slitta
Ma il Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, non arretra di un passo e risponde a Israele che “la brutalità perpetrata da Hamas non potrà mai giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese.” “Si è arrivati a un punto di rottura”. Guterres si è detto “sconvolto” dalla notizie sulle violenze sessuali perpetrate da Hamas, ma continua a chiedere il cessate il fuoco. Ieri, però, la risoluzione presentata dagli Emirati Arabi Uniti è stata fatta slittare (nelle notte) per il veto di Gran Bretagna e Stati Uniti. Sarà un nuovo smacco per l’Onu dopo che il vice ambasciatore americano al Palazzo di Vetro, Robert Wood, ha dichiarato che gli Usa non sostengono alcuna ulteriore azione del Consiglio di sicurezza: “in questo momento” e si concentrano invece su “una diplomazia difficile e sensibile mirata a ottenere il rilascio di più ostaggi, un maggiore afflusso di aiuti a Gaza e una migliore protezione dei civili.” Mentre l’Iran definisce Israele “il regime occupante e dell’apartheid” di molto più avanti nella “competizione con l’Isis a livello di vari tipi di crimini” come “genocidio, infanticidio e utilizzo di armi vietate” e accusa gli Stati Uniti di continuare a supportare Israele.
Tunnel sotto università
La guerra sul campo è affidata ai soldati della 98/a Divisione israeliana che continua a combattere nell’area di Khan Yunis. Dal briefing militare quotidiano è noto che sono stati eliminati decine di terroristi e distrutti tunnel. La 7/a Brigata invece ha distrutto decine di posizioni e di posti di osservazione nemici. I soldati hanno anche fatto irruzione nella postazione militare del Battaglione ‘Dir al-Balah’ e localizzato “armi e intelligence.” Dopo il lancio “di numerosi razzi” dal Libano “verso postazioni dell’esercito lungo il confine”, l’artiglieria di Israele ha colpito oltre confine. E’ stata anche danneggiata la moschea Omari, uno dei principali simboli della storia millenaria di Gaza. Il suo celebre minareto è stato colpito, ma resta eretto nella sua altezza. Nell’università Al-Azhar nel quartiere di Rimal a Gaza City è stato trovato “un tunnel sotterraneo che correva fino ad una scuola vicina ad un chilometro di distanza.” Sono state anche trovate “numerose armi, ordigni esplosivi, parti di razzi e sistemi tecnologici.” Cinque palestinesi sono stati uccisi – ed altri feriti – in scontri con l’esercito israeliano nel campo profughi di Al-Fara, a sud di Tubas, nei pressi di Nablus in Cisgiordania.
Netanyahy: mai Gaza all’Anp
“Non ci sarà Hamas, la elimineremo. Il solo fatto che a proporlo sia l’Autorità nazionale palestinese non fa che rafforzare la mia visione politica: essa non è la soluzione.” Lo ha detto il premier israeliano Benyamin Netanyahu commentando su X l’affermazione del premier del governo di Ramallah, Mohammed Shtayyeh che avrebbe sostenuto che l’Autorità nazionale palestinese potrebbe partecipare a un “nuovo meccanismo, assieme con la comunità internazionale.” Shtayyeh non ha escluso una partecipazione, in forma subalterna, di Hamas. Il Presidente francese Macron ha avuto un colloquio telefonico con Netanyahu e tra l’altro hanno parlato del Libano. Macron ha insistito sulla piena attuazione della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e ha ricordato gli sforzi “perpetui della Francia affinché l’Iran e le forze ad esso affiliate si tengano alla larga dal conflitto” in Medio Oriente.
Blinken: Israele rispetti gli impegni
Mentre la Casa Bianca riferisce che Israele e Hamas “non sono vicini” ad un’altra pausa umanitaria con scambio di ostaggi. Discussioni su una nuova tregua avvengono “letteralmente ogni giorno”, ma per ora senza risultati, ha detto il portavoce del Consiglio Nazionale di Sicurezza, John Kirby. “Vorrei poter avere progressi specifici di cui parlare, ma non li ho – ha riferito -. Ovviamente non siamo vicini a concludere un altro accordo su una pausa umanitaria, né dispongo di notizie sulla liberazione degli ostaggi.” Così come il Segretario di Stato Usa, Antony Blinken, afferma che esiste “un divario” tra ciò che Israele si è impegnato a fare per proteggere i civili palestinesi e i risultati ottenuti finora da quando ha iniziato le operazioni militari contro Hamas nel sud della Striscia di Gaza. Per Blinken resta “imperativo” che Israele faccia di più per garantire che i civili non vengano uccisi o feriti mentre cerca di sradicare Hamas da Gaza.
Aprirà anche un altro valico
Ieri hanno ripreso a transitare gli aiuti umanitari dal varco di Rafah. Circa 50 camion di aiuti umanitari su 100, e in senso contrario 10 feriti sui 20 attesi. Lo ha riferito il capo della Mezzaluna Rossa del Nord Sinai Khaled Zayed. E’ entrata però una cisterna in più del previsto con 30 mila litri di gasolio portando il totale a 3, per un totale di 90 mila litri di carburante. L’aeroporto di Al-Arish ha intanto accolto 5 aerei internazionali che trasportavano 10 ambulanze e 118 tonnellate di aiuti vari per la Striscia di Gaza. Due di questi provenivano dalla Giordania, con a bordo 23 tonnellate di medicinali e forniture mediche fornite dall’Unrwa, un altro dal Qatar, carico di 24 tonnellate di prodotti per l’infanzia e 6 ambulanze attrezzate, uno dal Belgio con 40 tonnellate di medicinali e attrezzature mediche fornite dall’Unione Europea, e un aereo dal Kuwait con 31 tonnellate di attrezzature mediche e 4 ambulanze attrezzate. Il numero di aerei arrivati all’aeroporto internazionale Al-Arish dal 12 ottobre ad oggi è di 278 con a bordo circa 7.000 tonnellate di aiuti vari. Il capo della Mezzaluna rossa del Nord Sinai ha sottolineato che gli aiuti vengono forniti da 35 Paesi arabi e stranieri e da 15 organizzazioni regionali e internazionali. Ieri a Rafah si prevedeva l’arrivo di 269 stranieri, 20 palestinesi feriti e 20 accompagnatori, e l’ingresso di 9 membri di organizzazioni internazionali. Fino a giovedì erano entrate in Egitto 634 persone: 121 malati e 78 accompagnatori, 8 membri di Medici senza Frontiere, 4 di una delegazione degli Emirati e 413 stranieri. Israele ha anche annunciato che sarà aperto il valico di Kerem Shalom. Conferma viene anche dagli Stati Uniti, secondo il quale Israele ha accettato di aprire il valico di frontiera per lo screening e l’ispezione degli aiuti umanitari consegnati alla Striscia attraverso il valico di Rafah per contribuire ad accelerare la consegna di forniture umanitarie.
Guerra “mediatica”
Quanto alla guerra psicologica e mediatica, dopo le foto e i video dei prigionieri arresi alle truppe di Israele è scoppiata una polemica nella quale si dibatte se si trattasse di miliziani o di civili. Secondo l’Euro-Mediterranean Human Rights Monitor sarebbero civili arrestati “arbitrariamente” da Israele in due scuole affiliate alle Nazioni Unite a Beit Lahia. Dalle immagini, sempre secondo questa ong, si riconoscerebbe tra gli altri il giornalista Diaa Kahlout. Il portavoce militare di Tel Aviv sostiene che l’esercito “ha arrestato e interrogato centinaia di sospetti terroristi: molti di loro si sono arresi e consegnati.” L’organizzazione internazionale dà per certo che il giornalista non può essere miliziano o fiancheggiatore di Hamas, mentre Sherif Mansour del Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj), con sede a New York, ha dichiarato che “l’esercito di Israele deve rendere nota la sua posizione e rilasciarlo immediatamente.”