Alla guerra delle armi che segna una nuova escalation si contrappone quella delle dichiarazioni, smentite e incontri. Il conflitto nel Medio Oriente resta al nono giorno sospeso tra il coinvolgimento di forze esterne ad Israele e Palestina, – lo scenario più tenuto in particolare dagli Stati Uniti ed Europa – e quello della lotta ad Hamas, che Tel Aviv vede come priorità assoluta, unita alla ricerca degli ostaggi e la caccia ai terroristi da “annientare”.
Biden e Scholz a Tel Aviv
In questo difficile scenario il presidente Americano Joe Biden, secondo alcune fonti, sarà a Tel Aviv domani per incontrare il primo ministro israeliano Netanyahu, mentre dall’Europa il cancelliere tedesco Olaf Scholz sta pianificando una “visita di solidarietà” in Israele per venerdì prossimo. Scholz ha già dichiarato che c’è “solo un posto per la Germania in questo momento, il posto al fianco di Israele”. “Allo stesso tempo ha messo in guardia altri attori come gli Hezbollah libanesi e l’Iran dall’attaccare Israele”.
Russia e Iran contro gli Usa
Nel gioco delle minacce e delle possibilità di un cessate il fuoco, dall’Iran giungono nuovi attacchi. Il ministro degli Esteri, Nasser Kanaani, passa già alle conclusioni in quanto “ritiene gli Stati Uniti già coinvolti militarmente nel conflitto tra Israele e i palestinesi”. “Gli Usa devono essere ritenuti responsabili per i crimini del regime sionista, dal momento che hanno sostenuto il regime con tutto il loro potere contro la nazione palestinese”. Stessa versione anche da parte del vice ministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov: Stati Uniti responsabili “poiché per molti anni hanno tentato di monopolizzare la soluzione, ignorando le risoluzioni pertinenti del Consiglio di Sicurezza”.
Ucciso un capo di Hamas
I punti caldi del conflitto intanto sono sempre più una polveriera. Ieri fonti israeliane hanno dichiarato di aver assassinato il capo dell’intelligence di Hamas nella città di Khan Yunis, nel sud di Gaza. I valichi per i civili palestinesi in fuga dai raid israeliani sembrano aperti, ma di fatto restano chiusi. Così come le notizie contraddittorie che si susseguono. La giornata ieri che si è aperta con una ipotesi di “cessate il fuoco”, anche per consentire l’apertura del valico di Rafah, ma poi è stato smentito sia da Israele che da Hamas. Al valico sono ammassate migliaia di persone che sono andate a Sud della Striscia, ma non c’è ancora accordo sull’apertura. Hamas, attraverso l’Iran, ha annunciato che sarebbe pronto al rilascio di 200 ostaggi se Israele mettesse fine agli attacchi.
Blinken e Netanyahu
Il tema delle sorti dei civili palestinesi resta per gli Stati Uniti una emergenza da affrontare. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken si è incontrato nuovamente con il primo ministro Netanyahu dopo che il Presidente Biden aveva esortato Israele a non occupare militarmente Gaza perché sarebbe “un grosso errore.” Indirettamente aveva risposto l’ambasciatore israeliano all’Onu, Gilad Erdan dichiarando che il suo paese non ha nessuna intenzione di occupare Gaza, o restarci. Lo scopo della missione militare, ha spiegato Erdan, “è annientare Hamas e distruggere il loro potenziale.” Netanyahu, tra l’altro, ieri ha parlato di asse tra Hamas-Hezbollah e Iran, ad intendere che nessuna ipotesi di riduzione del conflitto è possibile in un contesto di nuove minacce.
Cina e Russia, il nuovo scenario
Il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, che ha ricevuto l’omologo russo Sergei Lavrov, e insieme stanno preparando l’imminente visita di Putin a Pechino, ha fatto sapere che “è imperativo il cessate il fuoco” e che Israele e palestinesi “siano riportati al tavolo dei negoziati.” Difficile capire chi dovrebbe sedere a questo tavolo da parte palestinese.
La conta di morti, feriti e arresti
Le notizie dal fronte sono quelle di raid, morti feriti e arresti. Sono almeno 2.750 palestinesi uccisi e 9.700 feriti. Una attenzione particolare viene data alle minacce che arrivano dal Libano. “Se Hezbollah compirà un errore per metterci alla prova, la nostra reazione sarà micidiale”, questo l’avvertimento giunto dal portavoce militare israeliano Daniel Hagari. “Gli Hezbollah”, ha aggiunto, “operano dietro istruzione e con il sostegno dell’Iran, mettendo così in pericolo il Libano”.
A Rafah la crisi si aggrava
Ieri al valico di Rafah i funzionari hanno completato tutti i preparativi per l’apertura ma finora nessun aiuto umanitario è entrato dall’Egitto verso Gaza e nessuno cittadino straniero o palestinese con doppia nazionalità è passato nel deserto del Sinai. A sera da fonti di Gaza sarebbe stato colpito il valico. Il Dipartimento di Stato Usa in un messaggio agli americani che si trovano nella Striscia di Gaza scrive: se ritenete che sia sicuro, potreste voler avvicinarvi al valico di frontiera di Rafah: potrebbe esserci pochissimo preavviso se il valico apre e potrebbe aprire solo per un tempo limitato”. E ieri sera hanno ricominciato a suonare le sirene a Gerusalemme e Tel Aviv. Hezbollah ha ripreso a sparare su basi militari di Israele, che ha risposto su obiettivi nel sud del Libano.
Rischio di collasso umanitario
L’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha) prevede che le riserve di carburante degli ospedali di tutta Gaza dureranno solo “per altre 24 ore”. Tra l’altro la benzina e il materiale medico viene anche sequestrato da persone che si autodefiniscono terroristi di Hamas. Quattordici membri del personale dell’agenzia umanitaria dell’Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) sono stati uccisi negli attacchi israeliani su Gaza e scarseggiano e “non ci sono abbastanza sacchi per i morti a Gaza.” Gli obitori sono al collasso e molti corpi sono sono preservati nei furgoni frigorifero dei gelati. L’Unrwa torna a sottolineare che oltre un milione di persone, quasi la metà della popolazione totale di Gaza, sono state sfollate. Tra chi è stato costretto a lasciare la propria casa, “600mila si trovano nell’area centrale, a Khan Yunis e Rafah”, e di questi “quasi 400mila si trovano in strutture dell’Unrwa.” Un numero, spiega l’agenzia, “molto al di sopra della nostra capacità di assistere in modo significativo, anche con spazio nei nostri rifugi, cibo, acqua o supporto psicologico.” Mentre il Patriarca di Gerusalemme, cardinale Pierbattista Pizzaballa, si è detto pronto a offrirsi come ostaggio per uno scambio per liberare i bambini israeliani nelle mani di Hamas.
Meloni incontra il re Al Hussein
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni che ha espresso solidarietà a Israele incontrando per l’80° anniversario del rastrellamento degli Ebrei di Roma il presidente della Comunità Ebraica della capitale, Victor Fadlun, ha avuto in mattinata un colloquio definito “molto cordiale” con il Re di Giordania Abdallah II Ibn Al Hussein. Nel corso del colloquio sono stati affrontati gli ultimi sviluppi in Medio Oriente, approfondendo in particolare le possibili iniziative per evitare l’allargamento della crisi in corso. “L’Italia e la Giordania sono in prima linea per favorire la soluzione dei problemi umanitari più urgenti e per la liberazione degli ostaggi.”
Mettere in salvo gli italiani
Intanto il Governo sta cercando di far uscire da Gaza 12 italiani che vivevano nella Striscia. Quanto al pericolo di attentanti è intervenuto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi che non ha escluso che possano esserci emulazioni di “lupi solitari”, difficili da prevenire, ma non ci sono “elementi di minaccia concreta.” Comunque sono stati intensificati i controlli, soprattutto per luoghi sensibili: in Italia sono oltre 200mila e circa 200 sono gli edifici e le strutture ebraiche.