Fra uffici e luoghi di vacanza, ieri via web si è riunito il Comitato di presidenza dell’Abi. “Fonti di settore” hanno riportato che l’Associazione conferma che le banche italiane “sono molto unite”. I banchieri hanno condiviso “la sorpresa” per la decisione del Governo e hanno concordato di tenere un atteggiamento di “cautela, fermezza, serietà e senso di responsabilità.” Posizione, tra l’altro, ben tenuta in questi giorni dal presidente Antonio Patuelli, e che anche in passato ha piu’ volte invitato ad attendere la pubblicazione in Gazzetta ufficiale dei vari provvedimenti sul settore prima di commentarli. Dunque dall’Abi “basso profilo”, come si conviene, per non far “precipitare le cose”.
Se ne riparla dopo la pausa estiva.
Tra i componenti del comitato di presidenza di Abi c’è anche Mario Alberto Pedranzini (Popolare di Sondrio) del quale abbiamo già dato conto proprio su questo giornale, perché aveva rilasciato dichirazioni, subito dopo il martedì nero della Borsa. Pedranzini si era detto “sereno” e aveva prospettato un atteggiamento “costruttivo” da parte delle banche. Anche Banca Sella, in una nota sui dati di bilancio, riferendosi agli extraprofitti scrive: “ad oggi ancora non si dispone del testo definitivo in Gazzetta Ufficiale, dovrà poi essere convertito in legge per rendere definitivamente efficace la norma, e i cui effetti saranno considerati nel bilancio annuale 2023”.
Finanza estera: “è un pasticcio”
Moody’s evidenzia un impatto negativo “significativo” della tassa sugli extraprofitti sul risultato netto di un gruppo di banche rappresentative del 60% del margine d’interesse complessivo del sistema italiano a fine 2022. Ma comunque, sempre secondo l’agenzia, le banche riusciranno a chiudere l’esercizio in corso con un risultato superiore a quello dello scorso anno. Più politico il Financial Times: è una decisione che serve a “rafforzare il sostegno della destra populista”. E riporta le dichiarazioni di David Herro, chief investment officer del gestore degli statunitense Harris Associates, il sesto più grande azionista di Intesa Sanpaolo, secondo il quale quella “misura è tragica” e Oliver Collin, co-responsabile delle azioni europee di Invesco, fra i top 20 azionisti di UniCredit, che ha detto: “è una combinazione di mancanza di chiarezza e un completo voltafaccia in termini di politica.” Tono “politico” anche quello di Jérôme Legras, socio amministratore di Axiom Alternative Investments, che detiene partecipazioni in banche italiane tra cui UniCredit e Intesa: “è tutto un po’ un pasticcio”, ha detto al quotidiano inglese, “in piena estate: strano modo di annunciarlo.”
Infine il quotidiano di Confindustria che ha ricalcolato l’impatto della norma, che non sarà vicina ai 10 miliardi come si ipotizzava in un primo momento, ma piuttosto tra i 2 e 2,5 miliardi: “non certo una sciocchezza”, ha scritto il Sole24 Ore, “ma neppure un ammontare insostenibile per le casse delle banche italiane.” Insomma, tanto rumore per nulla?