Chi dice che con la cultura non si mangia sbaglia di grosso in Italia. Cultura e bellezza nel nostro Paese, oltre a essere tratti fortemente identitari, sono tra i principali attivatori dell’economia nazionale. Nel 2022, infatti, hanno generato complessivamente un valore aggiunto pari a 95,5 miliardi di euro, in aumento del +6,8% rispetto all’anno precedente e del +4,4% rispetto al 2019. Capofila tra le Regioni, la Lombardia con un volume di più di 26,4 miliardi di euro e circa 350.000 addetti, un primato certificato dal rapporto annuale “Io Sono Cultura” 2023, realizzato da Fondazione Symbola e dal Centro Studi Unioncamere. Bergamo e Brescia, insieme Capitali della Cultura in questo anno in corso, sono il quarto polo culturale italiano per valore aggiunto e occupazione nel settore. “I numeri – ha sottolineato l’assessore regionale alla Cultura, Francesca Caruso – certificano la grande vivacità del sistema culturale lombardo. Il settore creativo e culturale rappresenta un valore aggiunto fondamentale per la nostra economia”.
Beni culturali e paesaggistici, musica, cultura, spettacoli e libri sono custodi spesso di memorie antiche, ma al contempo sono motori di innovazione per l’intera economia, agendo come attivatori di crescita di altri settori, dal turismo alla manifattura creative-driven. Occorre prenderne piena coscienza per catalizzare sempre più risorse e tutele per uno dei settori che genera maggiore ricchezza e occupazione. Nel settore culturale “si potrebbe fare molto di più – ha fatto presente Andrea Prete, presidente di Unioncamere, alla presentazione del Rapporto -. Potremmo crescere molto di più. Questo Paese ha un patrimonio straordinario che è la nostra materia prima. Dobbiamo stimolare i giovani su un utilizzo capillare di queste risorse. Serve anche maggiore sensibilizzazione”. Anche il turismo, sottolinea Prete, “è una leva enorme. Lo sperimentiamo quotidianamente nelle nostre città e probabilmente andrebbe organizzato meglio”.
L’occupazione nel settore è tornata a crescere, tanto da recuperare gli oltre 43 mila posti di lavoro che si erano persi nell’anno precedente a causa degli effetti della pandemia e del caro prezzi. Sono 1.490.738 i lavoratori dell’intera filiera, con una variazione del +3,0% rispetto al 2021. Nella filiera operano 275.318 imprese (+1,8% nel 2022 rispetto all’anno precedente) e 37.668 organizzazioni non-profit che si occupano di cultura e creatività (il 10,4% del totale delle organizzazioni attive nel settore non-profit), le quali impiegano più di 21 mila tra dipendenti, interinali ed esterni (il 2,3% del totale delle risorse umane retribuite operanti nell’intero universo del non-profit).
Il Rapporto analizza tutte quelle attività che producono beni e servizi culturali (core) e tutte quelle attività che non producono beni o servizi strettamente culturali, ma che utilizzano la cultura come input per accrescere il valore simbolico dei prodotti, quindi la loro competitività. Alle attività di conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico (attività dei musei, biblioteche, archivi, monumenti) e alle arti visive e performative (attività dei teatri, concerti, etc.) si aggiungono attività che operano secondo logiche “industriali” (musica, videogame, software, editoria, stampa), quelle dei broadcaster (radio, televisione), fino ad arrivare ad alcune attività appartenenti al mondo dei servizi (comunicazione, architettura, design). Il comparto dei videogiochi e software è quello che contribuisce maggiormente alla ricchezza della filiera con 14,6 miliardi di euro di valore aggiunto (il 15,3% dell’intera filiera, +9,6% rispetto al 2021) e con un incremento dei posti di lavoro di oltre 12 mila unità (il 12,4% della filiera, +7,0% rispetto al 2021). Nel 2022, le performing arts e arti visive e le attività di valorizzazione del patrimonio storico e artistico riescono a consolidare la dinamica di recupero facendo registrare gli incrementi più significativi in termini di valore aggiunto rispettivamente pari al +14,1% e +13,5%.