“Il mondo è nel caos. L’Africa ha avuto guerre per decenni e ci sono stati i conflitti in Afghanistan, Libia e Siria. Credo che ora l’Europa provi dolore e paura perché il conflitto è arrivato ai suoi confini; dopo la Seconda Guerra Mondiale le nazioni si erano unite e avevano affermato di volersi impegnare per la pace ma questa promessa è stata tradita a causa dell’avidità, del razzismo e della povertà”. Il pensiero di Makaziwe Mandela, detta Maki, attivista e stilista, figlia dell’eroe della lotta anti-apartheid e Nobel per la pace, nella giornata in memoria del padre Nelson voluta dalle Nazioni Unite fin dal 2009, corre all’Ucraina. Includere le persone cominciando dalla propria comunità e aprendosi poi al mondo, ostaggio di nuove guerre causate da avidità, ingiustizie e mancanza di dialogo, è l’appello di oggi di Maki.
Il rancore rende prigionieri
“Il mio messaggio al mondo – sottolinea – è che dobbiamo ritrovarci attraverso il confronto e il dialogo, lottando nelle nostre comunità contro ogni tipo di discriminazione e razzismo e impegnandoci a includere le persone che sono diverse da noi”. E poi il triste bilancio sull’eredità del padre, la lotta contro le disuguaglianze ancora difficile anche in Sudafrica, a 18 anni dalla fine del regime di apartheid: “Il Paese non è ancora arrivato dove avremmo voluto – ammette Maki -. Ci sono molte sfide da affrontare, come la disoccupazione giovanile, che oggi è del 54%, e come il divario tra ricchi e poveri, che continua ad aggravarsi”. Ma, aggiunge Maki, “una delle cose che ho imparato da mio padre è che sei fai vincere la rabbia finisci solo per uccidere te stessa”.
Il perdono è un duro esercizio dello spirito
Un insegnamento che il leader sudafricano, che aveva pagato con 27 anni di carcere le sue idee di giustizia ed eguaglianza, ha dovuto sperimentare sulla propria pelle. Una volta riconquistata la libertà, in quei primi momenti dopo l’uscita dal carcere, la rabbia era il sentimento che predominava in lui. Ma fu allora che sentì questo ammonimento del Signore: “Nelson, mentre eri in carcere eri libero; ora che sei libero, non diventare un loro prigioniero”. Mandela decise, così, di non rimanere intrappolato nel passato, di lasciare andare via l’amarezza. Era consapevole, come affermerà in seguito, che “il perdono libera l’anima, rimuove la paura. È per questo che il perdono è un’arma potente”.
“I veri eroi sono quelli che fanno la pace e costruiscono”
Alla domanda su quale fosse l’insegnamento più grande ricevuto da suo padre, Maki ha sempre risposto: “Che nessuno nasce odiando un altro per via del colore della pelle, della cultura o della fede religiosa. Ci viene insegnato a odiare, e se ci viene insegnato a odiare, è possibile anche insegnarci ad amare, perché l’amore viene naturale allo spirito umano”. Un messaggio che anche il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, in un suo contributo per il “Nelson Mandela Day” di quest’anno, ha voluto rilanciare, ricordando la grande propensione al perdono che aveva Madiba, come lo chiamavano nella sua tribù di appartenenza: “Ha dimostrato che ognuno di noi ha le capacità – e la responsabilità – di costruire un futuro migliore per tutti”. Perché, come ricorda una delle sue dichiarazioni più citate, “è facile abbattere e distruggere. I veri eroi sono quelli che fanno la pace e costruiscono”.
La solidarietà salva il mondo
Qualcosa che suona molto vicino alle parole di Papa Francesco: “L’unico modo lecito di guardare una persona dall’alto in basso è quando tu tendi la mano per aiutarla a sollevarsi”. Mandela, infatti, lottò tutta la vita per l’affermazione del principio universale che nessuno è superiore all’altro perché tutti abbiamo la stessa dignità. E, come dice Bergoglio, “nessuno si salva da solo”.