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Nello spirito di “Laudato Si'”. 815 milioni di denutriti. Diritto al cibo per un mondo senza fame

giovedì, 10 Giugno 2021
2 minuti di lettura

Il diritto al cibo fa parte dei diritti umani fondamentali, riconosciuto dalle Nazioni Unite e in numerosi Trattati e Costituzioni. Eppure una persona su nove ancora non ha cibo a sufficienza. Nel mondo si contano 815 milioni di persone denutrite, l’11% della popolazione mondiale.

 L’accesso al cibo sembrerebbe passare solo attraverso i mercati, oscurando meccanismi alternativi come l’autoproduzione, la condivisione del cibo, il baratto, la spigolatura o gli scambi di mercato con profitti limitati. Per questo, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha organizzato due giorni, da giovedì 10 a venerdì 11 giugno 2021, di confronto sul tema dei cosiddetti “Food Commons“, ovvero dei sistemi alimentari intesi come bene comune.

 

GLI INTERVENTI DEL WFP
Il Professor Vincenzo Sanasi d’Arpe, presidente del World Food Programme Italia

Secondo il presidente del World Food Programme Italia, professor Vincenzo Sanasi d’Arpe, difficilmente è possibile contemperare il diritto al cibo con le logiche di mercato se non si raccoglie l’invito emergenziale di Papa Francesco nella Laudato Si’ a rimettere l’uomo al centro del processo dello sviluppo economico. Ossia, la finanza e l’industria al servizio dell’uomo e non viceversa. Un profondo e radicale cambiamento culturale delle società più abbienti. Sanasi ricorda, anche, che l’obiettivo 2 dell’Agenda Onu 2020-2030 prevede l’abolizione della fame del mondo entro quella data. Per farlo occorre potenziare, nelle azioni e soprattutto nelle risorse, le organizzazioni internazionali come il WFP, che punta allo sviluppo delle capacità produttive dei territori più in difficoltà e non al semplice assistenzialismo che non porta a soluzioni. E questo passa attraverso politiche di sensibilizzazioni di governi ma anche dei singoli, che non debbono sentirsi esclusi dal problema. In una economia globale nessuno può ritenersi al di fuori di questi temi, la pandemia dovrebbe averlo insegnato.

 

LA TERRA COME BENE COMUNITARIO

La mercificazione alimentare priva questo bisogno primario dei valori non monetizzabili, quali: il cibo è un diritto, il cibo è una determinante culturale, il cibo è un bene sacro, il cibo è una risorsa naturale. “L’Ufa, l’Accesso Alimentare Universale – dicono Antonio Manzoni (Ph.D. fellow, Scuola Superiore Sant’Anna) e Jose Luis Vivero Pol (University of Louvain, Belgio) – potrebbe proporre architetture istituzionali in cui, una combinazione tra meccanismi di mercato, fornitura pubblica e azioni collettive civiche per il cibo, potrebbero garantire l’accesso a cibo sufficiente e adeguato ad ognuno, ogni giorno”.

È fondamentale una Politica Agricola comune, a livello europeo e oltre, che valuti l’estensione dei ‘territori dei beni comuni’ europei e la loro importanza come sistemi di produzione alimentare a livello nazionale. “Nel 2021 è stato creato un network di 67 ricercatori e attivisti di 35 paesi europei – dicono i due studiosi –  con un obiettivo concreto: la redazione di due articoli peer-reviewed su quanta terra è posseduta/governata/gestita come un bene comune (collettivamente e in un’ottica di sostenibilità), quante persone sono coinvolte nella gestione dei beni comuni, e quanto rilevanti sono quelle aree per la produzione di cibo”.

Cristina Calzecchi Onesti

Giornalista ed esperta di comunicazione aziendale. Dopo esperienze in tutta la comunicazione, dagli uffici stampa alle Relazioni esterne, ai Rapporti istituzionali, per quasi dieci è stata assistente parlamentare, portavoce e spin doctor alla Camera e al Senato. Da sempre si occupa di politica, sociale, diritti civili e ambiente.

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