Una difesa appassionata e razionale della piccola impresa. Del suo valore strutturale per l’economia italiana, perché generano lavoro e benessere diffuso. Mentre sulle spalle dei piccoli imprenditori gravano pesi enormi. A rivendicare il ruolo delle pmi è Il Presidente di Confartigianato Marco Granelli che commenta e contesta le Considerazioni del Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco secondo il quale il numero estremamente elevato di micro imprese italiane sarebbe la causa principale della fragilità del sistema produttivo.
“Il problema del Paese non sono i piccoli imprenditori ma l’ambiente che li circonda”, sottolinea Granelli, “Ciò che deve cambiare non è la ‘taglia’ aziendale, ma le condizioni di un habitat nazionale”, osserva il presidente di Confartigianato, “poco favorevole all’iniziativa economica, sia essa micro, piccola, media o grande”. La difesa della piccola impresa per il leader di Confartigianato non è solo una questione oggettiva ma anche cruciale per il Paese. “Si può essere grandi imprenditori, in termini di creatività, lungimiranza, capacità manageriale, flessibilità”, sostiene il Presidente Granelli, “anche con un’azienda di 2 dipendenti.
DIVENTARE GRANDI RIMANENDO PICCOLI
“Si può diventare grandi rimanendo piccoli. È il mercato”, sottolinea Granelli, “che decide e premia la dimensione giusta per competere. Oggi, si può essere competitivi nel mondo sfruttando i fattori abilitanti che l’innovazione mette a disposizione. Come è avvenuto durante la pandemia quando le piccole imprese hanno investito in tecnologie digitali per diversificare e vendere on line i propri prodotti”.
Granelli replica al Governatore Visco anche in tema di occupazione: “Il capitale umano e professionale dei dipendenti è il patrimonio più prezioso per i piccoli imprenditori. Per questo siamo interessati a garantire la tenuta della nostra manodopera e ad assumere personale qualificato e competente. Basti dire che, nonostante la crisi, nel 2020 gli imprenditori hanno denunciato difficoltà a reperire il 30% della manodopera necessaria all’azienda anche per carenza di qualificazione e specializzazione. Inoltre, a maggio 2021 le entrate di personale previste dalle aziende sono 389.610, in aumento di 83.960 unità rispetto ad aprile 2021. Questo incremento è quasi completamente dovuto alle 83.780 assunzioni previste nelle micro e piccole imprese”.
“Quanto poi alla presunta debolezza dei nostri piccoli imprenditori sul fronte dell’export”, aggiunge Granelli, “la verità è un’altra. Basta guardare i numeri del nostro commercio estero: mostrano che artigiani, micro e piccoli imprenditori, senza ricevere alcun sussidio dallo Stato, sono artefici dell’eccellenza manifatturiera di prodotti fatti davvero in Italia e che nel 2019 ne hanno esportato per un valore di quasi 132 miliardi con una crescita del 3,6% rispetto ai dodici mesi precedenti. Possono essere altrettanto orgogliose quelle aziende che mettono il marchio made in Italy su prodotti fatti realizzare all’estero? Siamo proprio sicuri che, in questo modo, generino valore e occupazione per il nostro Paese?”. Con orgoglio Granelli sottolinea le difficoltà spesso il mondo ottuso della burocrazia contro la quale gli imprenditori devono lottare.
CAMBIARE IL CREDITO
“Tutto questo”, aggiunge il Presidente di Confartigianato, “per dire che bisogna cambiare il Paese, non la ‘taglia’ delle imprese: è quasi banale ricordare il fardello di tasse e di burocrazia oppure le condizioni delle infrastrutture materiali e immateriali che, troppo spesso, deprimono i migliori entusiasmi degli imprenditori, piccoli o grandi che siano. E in cima alla lista delle cose da cambiare c’è il credito. Nessuna impresa nasce grande e capitalizzata. Come si può pensare di avviare un’azienda e di farla crescere se il sistema bancario non dà fiducia e considera i finanziamenti ai piccoli imprenditori un’’area a fallimento di mercato’?
“Ha poco senso”, conclude Granelli, “prendersela con le piccole imprese: i problemi dell’Italia stanno altrove. E’ senza dubbio più utile per tutti correggere errate percezioni sul nostro sistema produttivo e migliorare, finalmente e davvero, le condizioni nelle quali gli imprenditori svolgono la propria attività, senza costringerli a crescere per forza”.