Dopo una camera di consiglio di oltre dieci giorni, si è concluso il processo “Ambiente Svenduto”, sulle responsabilità nell’inquinamento ambientale causato dalla fabbrica ex Ilva. La Corte d’Assise di Taranto, con quella che sembrerebbe una sentenza storica, ha condannato a 22 e 20 anni di reclusione Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’Ilva, e a tre anni e mezzo l’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, accusato di concussione aggravata in concorso.
LA REAZIONE DI VENDOLA
Secondo la tesi degli inquirenti, l’ex presidente della Regione Puglia avrebbe esercitato pressioni sull’allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, per far “ammorbidire” la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall’Ilva. Anche Assennato è stato condannato, a 2 anni per favoreggiamento. “Sappiano i giudici che hanno commesso un grave delitto contro la verità e contro la storia – è stata la pronta risposta di Vendola -.
Hanno umiliato persone che hanno dedicato l’intera vita a battersi per la giustizia e la legalità. Hanno offerto a Taranto non dei colpevoli ma degli agnelli sacrificali: noi non fummo i complici dell’ILVA, fummo coloro che ruppero un lungo silenzio e una diffusa complicità con quella azienda. Questa condanna per me e per uno scienziato come Assennato è una vergogna”.
ASULTANO LA PERTI CIVILI, VERDI E LEGAMBIENTE
“La magistratura, purtroppo, è dovuta intervenire per fare quello che la politica avrebbe dovuto fare – dichiara con soddisfazione il coordinatore nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, da tempo impegnato in difesa della popolazione tarantina – Tutti sapevano che il 93% della diossina e il 67% del piombo immessi in atmosfera in Italia provenivano dall’Ilva di Taranto. Un inquinamento che ha provocato, rispetto alla media pugliese, un aumento dell’incidenza di mortalità e di malattie tumorali tra i bambini e le bambine rispettivamente del 21% e del 54% secondo le indagini epidemiologiche”.
Ugualmente entusiasta Legambiente: “Una sentenza così pesante conferma la solidità, da noi sempre evidenziata, delle perizie epidemiologica e chimica disposte dal gip Todisco. Con questa sentenza di primo grado possiamo dire che eco giustizia è fatta e che mai più si deve barattare la vita delle persone con il profitto ottenuto nel totale disprezzo delle leggi”.
ALTRE CONDANNE ESEMPLARI
La Corte d’Assise ha condannato a 21 anni l’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso e a 21 anni e 6 mesi di carcere l’ex responsabile delle relazioni istituzionali Girolamo Archina’. “Questa sentenza – ha dichiarato l’avvocato Giandomenico Caiazza, legale di Girolamo Archinà – è la foto perfetta, nitida e veritiera di questo processo, una vicenda interamente appaltata alla Pubblica Accusa, nella quale la Difesa ha rappresentato solo un inevitabile intralcio. Mai visto uno spettacolo del genere – solo il banco per l’Accusa – in tutta la mia carriera di avvocato”. Tutti i condannati ricorreranno in Appello.