domenica, 15 Dicembre, 2024
Politica

La Via della Seta: obiettivi e verità nascoste

La Belt and Road Initiative (BRI) è il principale veicolo di politica estera della Cina e potrebbe essere la strategia geopolitica più significativa del XXI secolo. La BRI, per ora conta più di 70 paesi aderenti e sta reclutando sempre più Paesi dell’UE, non ultimo l’Italia, tutti sotto il suo ombrello di investimenti infrastrutturali.

Gli investimenti di Pechino nei paesi europei minacciano la coesione dell’Unione europea in un momento in cui sta ancora tentando di riprendersi dal recente terremoto provocato  dalla Brexit.

Nonostante i leaders capiscano che la BRI potrebbe rappresentare una nuova e potenziale minaccia per i Paesi europei, l’UE non è riuscita a formulare una strategia globale per affrontare la crescente presenza cinese in tutta l’Eurasia.

Il 22 marzo l’Italia ha firmato ufficialmente l’adesione alla Belt and Road Initiative (BRI) della Cina, comunicando, e non solo al Governo Cinese, il chiaro messaggio che l’Unione Europea non è affatto unita, soprattutto nel suo approccio al grande progetto di politica estera di Pechino. La Cina promuove la BRI come una politica economica volta a rilanciare l’antica via commerciale, la Via della Seta, per promuovere la globalizzazione, l’interconnessione e il libero commercio attraverso investimenti su larga scala nelle infrastrutture. La versione del XXI secolo della Silk Road, tuttavia, ha una portata molto più ampia rispetto all’antica Via della Seta.

Ad oggi, circa 70 paesi in Eurasia, Africa e America Latina hanno accettato di far parte della BRI, con l’Italia che è stata il primo Paese del G7 ad aderire, firmando accordi per un valore di 2,5 miliardi di euro con la Cina. Da quando il Presidente cinese Xi Jinping ha annunciato la BRI per la prima volta nel 2013, il progetto è stato oggetto di un attento esame per mancanza di trasparenza, promozione della corruzione e intrappolamento del debito con una conseguente violazione della sovranità statale.

Il mercato europeo è una delle principali destinazioni di investimento per la Cina. Inizialmente focalizzata sull’Europa occidentale, Pechino si è ora rivolta sempre più all’Europa centrale e orientale  nell’ambito del quadro 16 + 1, che è un quadro multilaterale per il dialogo e la cooperazione tra la Cina e 11 Stati membri dell’UE e 5 paesi dei Balcani. Questi Paesi hanno bisogno di sviluppo di infrastrutture ma hanno opzioni di finanziamento limitate e lottano con rigide linee guida sulla trasparenza richieste dagli Istituti di Credito internazionali, il che ha portato a un “matrimonio di convenienza”, reciprocamente “attraente” per tutte le parti. I progetti di infrastrutture completati e finanziati dalla Cina ammontano a $ 715 milioni, con ulteriori $ 3 miliardi per i progetti attualmente in costruzione. Le iniziative BRI in Europa includono il porto del Pireo in Grecia, l’autostrada Belgrado-Bar e la ferrovia Budapest-Belgrado, solo per citarne alcuni.

Il crescente coinvolgimento della Cina, nei principali progetti infrastrutturali nel continente europeo, ha suscitato preoccupazioni tra le file politiche di quei Governi che, ancora, non hanno aderito alla BRI e che vengono  inevitabilmente pressati a non farlo, soprattutto per le potenziali implicazioni per la sicurezza europea. Infatti vi è una crescente preoccupazione per il fatto che i prestiti “infrastrutturali” sotto l’egida BRI stiano sostenendo un aumento dei debiti per gli Stati dei Balcani occidentali che cercano l’adesione all’UE, tra cui Serbia e Montenegro.

Se gli stati dell’UE sono inadempienti sui loro prestiti BRI, diventa automaticamente  una questione di pertinenza dell’UE che avrà la responsabilità di mitigare le ricadute economiche più ampie. Come dimostra il recente esempio della crisi finanziaria del Pakistan, il Fondo monetario internazionale (FMI) ha dichiarato esplicitamente che un salvataggio non sarebbe un’opzione se Islamabad continuasse ad accettare prestiti insostenibili dalla Cina.

Le relazioni già tese  degli Stati membri dell’UE con la Cina hanno  e continuano a creare divisioni politiche: nel 2017 la Grecia ha posto il veto a una dichiarazione congiunta dell’UE che criticava la Cina in base ai diritti umani e un anno prima, la stessa Grecia e l’Ungheria si erano rifiutate di firmare una dichiarazione congiunta dell’UE che criticava la crescente aggressività Cinese nel Mar della Cina del Sud. Inoltre, gli Stati Uniti hanno messo in guardia gli alleati e i paesi europei dall’accettare la rete Huawei 5G a causa delle conseguenze per la condivisione della sicurezza e dell’intelligence.

Ad oggi, gli Stati membri dell’UE non sono riusciti a concordare una strategia comune per gestire la crescente influenza cinese in Eurasia. Quando è stato inizialmente lanciata la BRI, l’UE ha adottato un approccio passivo. Nel tempo, i paesi dell’UE sono diventati più esigenti e apprensivi rispetto alle ambizioni della Cina. All’inizio del 2018, funzionari di alto livello dell’UE hanno chiesto una risposta collettiva alla BRI e nell’ottobre 2018, il capo degli affari esteri dell’UE Federica Mogherini ha presentato una nuova strategia dell’UE per collegare l’Europa e l’Asia, vista principalmente come un contromodello alla BRI, anche se di fatto la Belt Initiative Road non è mai stata menzionata esplicitamente.

Le recenti notizie sull’Italia, tuttavia, evidenziano il fallimento dell’UE nel sottolineare le conseguenze per la BRI europea in caso di  un’adesione di massa degli Stati membri dell’UE. Di contro, molti Stati europei hanno un disperato bisogno di sviluppo delle infrastrutture e di uno stimolo fiscale. Pertanto, l’UE, anziché limitarsi a “contrastare” la BRI in Eurasia, è importante che  ammetta il suo fallimento nella comunicazione agli altri Stati membri delle conseguenze di una eventuale collaborazione con Pechino. Per l’UE, mettere in discussione l’accordo è controintuitivo sotto alcuni aspetti e mette in luce il divario nelle priorità tra economia e sicurezza.

Quindi chiediamo all’UE uno sforzo maggiore nel mettere in guardia i Paesi membri su eventuali collaborazioni malsane, piuttosto che studiare sempre  nuovi sistemi di contrasto alla BRI in Eurasia.   La mancanza di trasparenza e, a maggior ragione, l’ignoranza nella comprensione della BRI è attualmente il maggiore ostacolo nell’UE al fine di formulare una strategia efficace e coerente. In definitiva chiediamoci i motivi che spingono la Cina così lontana da “casa” in questa mega operazione presentata quasi come filantropica nei confronti dell’Europa.

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