Quindi non solo emergenza Covid e vaccini. E quanto emerge da uno studio del gruppo di ricerca guidato da Serena Carra dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – e frutto di una collaborazione internazionale che ha coinvolto Simon Alberti e Jared Sterneckert dell’Università di Dresda (Germania) e Onn Brandman dell’Università Stanford (Usa). La ricerca ha messo in evidenza due meccanismi che possono contribuire allo sviluppo di malattie neurodegenerative molto complesse come la Sclerosi Laterale Amiotrofica, l’Alzheimer, la demenza frontotemporale o alcune forme di miopatie
INDIVIDUATE NUOVE PROTEINE COINVOLTE
In particolare, sono state identificate alcune proteine coinvolte nella risposta delle cellule a condizioni di stress, quali agenti ossidanti, aumento della temperatura, infezioni virali o esposizione a metalli pesanti. “Quando sono esposte ad un fattore di stress”, si spiega in una nota scientifica, “le cellule, infatti, riorganizzano rapidamente le loro funzioni al fine di rispondere e adattarsi al cambiamento. Questa riorganizzazione include la rapida produzione di nuove proteine ed acidi nucleici (i mattoni del Dna e dell’Rna) che vengono assemblati in strutture subcellulari non delimitate da membrana dette organelli senza membrana, come ad esempio i granuli da stress ed i nucleoli. Alterazioni della composizione, funzionalità e struttura di questi piccoli organelli intracellulari possono portare nel tempo alla formazione di aggregati che contribuiscono alla morte della cellula stessa”.
Supportato da Fondazione AriSLA, Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale e Banca D’Italia, il gruppo di ricerca di Serena Carra, composto da giovani ricercatori under 35, ha individuato due meccanismi indispensabili affinché la cellula risponda in modo corretto in condizioni di stress.
SODDISFAZIONE DEI RICERCATORI
Il primo meccanismo coinvolge due proteine, HSP90 e DYRK3, necessarie per garantire che i granuli da stress vengano smantellati correttamente nel periodo di recupero dopo lo stress per permettere alle cellule di riprendere la loro normale attività. In pazienti affetti da SLA i livelli di espressione di DYRK3 sono risultati molto ridotti.
Il secondo meccanismo individua un’ulteriore proteina, la listerina1, ed il sistema che controlla la corretta funzionalità dei ribosomi (molecole deputate alla sintesi delle proteine) come responsabili della maggiore vulnerabilità dei nucleoli alle condizioni di stress esterne.
“Siamo soddisfatti”, commenta Carra, “di aver aggiunto conoscenza in un campo in cui in realtà sappiamo ancora molto poco, ovvero come mutazioni genetiche e fattori ambientali portano alla morte cellulare ed allo sviluppo delle patologie neurodegenerative. Dagli ultimi risultati raggiunti, frutto di anni di lavoro costante e dedizione, deriveranno futuri esperimenti volti a dimostrare se l’uso di composti chimici che agiscono sui bersagli molecolari individuati possano effettivamente migliorare la resistenza cellulare. Queste risposte contribuiranno a porre le basi per il disegno di trattamenti terapeutici basati sull’uso di ‘cocktail’di composti. Sono convinta che soltanto l’integrazione della ricerca di base con la ricerca traslazionale, il drug design e la collaborazione con medici e pazienti ci permetterà di compiere nuovi passi in avanti. Per questo ringrazio tutti i soggetti che ci hanno sostenuto e hanno contribuito al raggiungimento di questo traguardo”.
TECNOLOGIE AVANZATE
Il responsabilescientifico di AriSLA, Anna Ambrosini, aggiunge: “Da sempre crediamo che investire in ricerca di base sia fondamentale perché ci permette di andare alla radice della malattia e comprenderne la patogenesi. Grazie ad ogni nuovo tassello scopertopotremo arrivare a completare il complesso puzzle della SLA”.