“L’attività di revisione legale, per essere svolta al meglio, richiede formazione obbligatoria continua, assunzione di rischi e un’adeguata copertura assicurativa. Il dottore commercialista che si cimenta in questo ambito deve affrontare acque burrascose tra responsabilità, obblighi, mancata riconoscenza delle competenze, scarsa propensione delle imprese ad affrontare un processo di revisione. E poi ci sono gli “squali”, con i loro prezzi al ribasso e una maggiore capacità di assorbire eventuali azioni di responsabilità. Di fronte a questo scenario, ci appare evidente che i giovani professionisti rinuncino a prender in mano il timone della revisione legale, lasciando andare la barca alla deriva”. Lo denuncia Matteo De Lise, presidente dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili.
“Perché ciò non accada – spiega De Lise – è necessario un intervento del legislatore. Abbiamo scritto al ministro dell’Economia e delle Finanze, Roberto Gualtieri, per chiedere un confronto. Chiediamo che venga fissato un importo massimo per il compenso; che venga maggiormente tutelato il revisore nella sua responsabilità e nel riconoscerne l’imprescindibile utilità; e che venga preservata la libera concorrenza”.
“In altri paesi d’Europa questi principi sono stati condivisi e adottati. In Italia no, ed è l’ennesima occasione persa per tutelare la nostra categoria e non disperdere un patrimonio di professionalità e competenze che solo le figure ordinistiche possono garantire. C’è il rischio di lasciare, nel medio termine, tutto in pasto agli “squali” a scapito di qualità e competenza”, evidenza il presidente UNGDCEC, secondo il quale lo stesso Mef, in un comunicato dello scorso settembre, ammetteva come in taluni casi “i compensi dichiarati sono quantificati in misura così scarsamente remunerativa da far presumere che non sia garantita la qualità e l’affidabilità dei lavori di revisione”.
Tale ammissione trova anche riscontro in un sondaggio effettuato dall’UNGDCEC nel 2019, nel quale si evidenziava come molti professionisti fossero disposti ad accettare compensi pari a 50 euro l’ora, “un importo che sminuisce – secondo De Lise – la preparazione e le capacità richieste per lo svolgimento di questa attività, considerando che il vecchio tariffario fissava in 77,48 l’importo minimo”.