È una domanda a cui si cerca di rispondere ormai da diverse settimane. Soprattutto da quando il Governo ha disposto una campagna mediatica ancora più intensa per incentivarne l’utilizzo.
Per rispondere al quesito giova ricordare cosa sia Immuni. Immuni è un’app mobile gratuita resa disponibile a tutti dal 1º giugno 2020, promossa dal Ministero della Salute italiano e realizzata dalla società privata Bending Spoons (che da pochi giorni ha ceduto la sua creatura alla Pubblica Amministrazione). Il suo scopo è quello di aiutare il monitoraggio e il contenimento dell’epidemia di COVID-19 in Italia, attraverso il tracciamento dei contatti.
Il Ministero dell’Innovazione ha avuto l’idea di utilizzare semplicemente quello che molti di noi ha nella propria tasca: i nostri amati smartphone. Sembrava semplicissimo. Tramite una app che traccia i contatti dei contagiati, si sarebbe potuta rallentare la diffusione del virus, fino ad averne un completo controllo evitando di ricadere in un secondo terribile lockdown.
Passati circa 5 mesi, possiamo dire con una certa franchezza che tutto questo non è avvenuto. E anzi, i dati di oggi ci dicono che Immuni non ha funzionato.
A chi dare la colpa? Forse alle continue errate valutazioni. Ma soprattutto all’idea che l’utilizzo dell’app sarebbe stato automatico. Si è preferito concentrarsi sul marketing, piuttosto che sulla corretta informazione riguardo a come utilizzare effettivamente Immuni. Partendo dalle Regioni (in Veneto addirittura fino a una decina di giorni fa è stata totalmente inutile), fino ad arrivare alle aziende sanitarie e ai medici di base. Neanche gli specialisti, infatti, sapevano inserire i dati dei loro pazienti risultati positivi. Il risultato? Le notifiche (bisogna dire che sono state finora poco più di 500 i casi positivi segnalati dall’app, praticamente nulla in confronto ai dati dei contagi…) si sono trasformate in un’assurda quarantena di burocrazia.
A conti fatti, l’app risulta scaricata da circa 9 milioni di persone. Ma spesso si confonde questo dato con quello delle persone che poi si sono effettivamente registrate, e l’hanno di conseguenza attivata. Si tratta di meno del 10% della popolazione avente uno smartphone.
Infine, negli ultimi giorni si sta addirittura pensando di rendere obbligatoria Immuni per tutti i cittadini senza riflettere su diverse reali complicazioni. Bisogna considerare, per esempio, che molti anziani, cioè i soggetti più esposti al coronavirus, ancora oggi non possiedono o non sanno utilizzare correttamente uno smartphone. Potrebbe essere davvero difficile e in alcuni casi frustrante per loro dover adempiere ad un obbligo del genere, non essendo nativi digitali.
O ancora rimane eclatante il caso degli iPhone 6: smartphone di sei anni fa, ancora estremamente diffusi in Italia, che però risultano troppo obsoleti per scaricare l’applicazione. Ci si chiede quindi se verrà creato un ennesimo bonus per permettere di acquistare smartphone compatibili.
Il Governo per mesi ha fatto spot per far scaricare ai cittadini Immuni, pur essendo perfettamente a conoscenza di questi problemi burocratici e tecnici. In sostanza, si è evitato di entrare in conflitto con chi gestisce la sanità, cioè le Regioni (che avrebbero dovuto formare in modo corretto i medici di base). E non si è considerato che, con 10mila contagi al giorno, il contact tracking senza un supporto tecnologico è totalmente inutile.
Si può ritenere che dopo questi giorni si sia messa definitivamente la parola fine a quella che doveva essere l’applicazione che ci avrebbe salvato dalla possibile seconda ondata. Forse è più saggio tornare a alle semplici (vecchie, ma funzionanti a 360 gradi) regole per proteggersi: utilizzo delle mascherine, igiene e distanziamento sociale.