Le indagini sulla strage di Bondi Beach stanno assumendo una direzione sempre più inquietante. Secondo fonti investigative, i due aggressori non sarebbero arrivati dall’estero né avrebbero agito come cellule isolate: si sarebbero invece addestrati direttamente in Australia, sfruttando reti locali e coperture logistiche che gli inquirenti stanno ora cercando di ricostruire. Gli elementi raccolti nelle ultime ore indicano che i killer avrebbero frequentato per mesi strutture sportive e aree boschive nei dintorni di Sydney, perfezionando tecniche di combattimento corpo a corpo e movimenti coordinati. Un addestramento che, secondo gli investigatori, non può essere frutto di improvvisazione. A suggerirlo sono la precisione dell’attacco, la scelta del luogo e la capacità di muoversi tra la folla senza lasciare tracce immediate. La polizia federale sta verificando possibili collegamenti con gruppi estremisti già monitorati, ma non esclude l’ipotesi di una rete più fluida, composta da simpatizzanti e facilitatori che avrebbero fornito supporto logistico. In parallelo, gli analisti stanno passando al setaccio dispositivi elettronici, spostamenti e contatti dei due uomini, nel tentativo di capire chi li abbia formati e con quali obiettivi. La rivelazione dell’addestramento in territorio australiano ha scosso l’opinione pubblica, alimentando interrogativi sulla capacità dei servizi di intelligence di intercettare segnali premonitori. Il governo ha assicurato che verranno rafforzati i protocolli di sicurezza e intensificata la cooperazione tra agenzie. Intanto, Bondi Beach resta un luogo di lutto e memoria, mentre il Paese si confronta con l’idea che la minaccia possa nascere anche dentro i propri confini.



