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Gaza, almeno 400 morti dall’inizio della tregua. L’appello Onu: “Israele faccia entrare gli aiuti”

Attacchi dell'Idf nel sud del Libano. Un altro neonato morto di freddo nella Striscia
venerdì, 19 Dicembre 2025
2 minuti di lettura

La tregua entrata in vigore a Gaza il 10 ottobre appare sempre più fragile, mentre la crisi umanitaria si aggrava e i fronti regionali restano instabili. Secondo il ministero della Sanità di Hamas, almeno 400 persone sono state uccise nella Striscia dall’inizio del cessate il fuoco. Nelle ultime ore si è aggiunta un’altra vittima tra i più vulnerabili: un neonato di un mese, Saeed Abdeen, morto per l’esposizione al freddo nell’area di Al Mawasi, a Khan Younis. È il quarto caso di questo tipo dall’inizio dell’inverno. Complessivamente, secondo le autorità sanitarie locali, sono almeno 13 i decessi legati alle temperature rigide e alle tempeste che hanno colpito un territorio dove centinaia di migliaia di sfollati vivono in tende prive di adeguate protezioni. Sul piano umanitario, l’Onu e oltre 200 organizzazioni internazionali hanno lanciato un appello congiunto denunciando il rischio di collasso delle operazioni di assistenza a Gaza. Al centro delle critiche vi sono le procedure di registrazione imposte da Israele, che hanno già portato al divieto di accesso per 14 Ong, tra cui Save the Children e l’American Friends Service Committee. Se la situazione non verrà risolta entro il 31 dicembre, decine di organizzazioni potrebbero essere costrette a sospendere le attività entro due mesi. Le Ong segnalano inoltre che, a fronte dei 600 camion di aiuti al giorno previsti dall’accordo di tregua, solo 100-300 trasportano effettivamente beni umanitari, mentre il resto è costituito da merci commerciali inaccessibili alla maggioranza della popolazione. Da Washington, il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani ha avvertito che “ritardi e violazioni del cessate il fuoco” stanno mettendo a rischio l’intero accordo su Gaza, attribuendo tali violazioni a Israele. Dopo l’incontro con il segretario di Stato Usa Marco Rubio, Doha ha chiesto progressi immediati verso la seconda fase dell’intesa e un accesso umanitario incondizionato. Gli Stati Uniti, insieme a Qatar, Egitto e Turchia, ritengono che sia Israele sia Hamas stiano rallentando l’attuazione degli impegni. In questo contesto, l’inviato della Casa Bianca Steve Witkoff incontrerà oggi a Miami i rappresentanti di Qatar, Egitto e Turchia per discutere i prossimi passi. La seconda fase dell’accordo dovrebbe prevedere l’uscita di Hamas dal potere a Gaza, il dispiegamento di una Forza di Stabilizzazione Internazionale, il disarmo progressivo del movimento e, da parte israeliana, la riapertura del valico di Rafah e un ulteriore ritiro delle Idf.

Tensioni interne e Cisgiordania

In Israele, il conflitto continua a riverberarsi sul fronte interno. A Gerusalemme sono saliti a tredici gli agenti feriti negli scontri con gruppi ultraortodossi contrari alla leva obbligatoria, mentre il tema dell’arruolamento degli haredi divide profondamente il governo e l’opinione pubblica. In Cisgiordania, i ministri Katz e Smotrich hanno annunciato un piano d’emergenza contro l’incenerimento illegale dei rifiuti, definito una questione di “sicurezza nazionale”, con sequestri di mezzi palestinesi e nuovi oneri a carico dell’Autorità nazionale palestinese.

Accordo sul gas

Sul fronte diplomatico ed economico, il governo egiziano ha ribadito che l’accordo sul gas con Israele è “puramente commerciale”, pur ammettendo che l’intesa potrebbe favorire un possibile summit trilaterale tra Egitto, Israele e Stati Uniti. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu dovrebbe incontrare Donald Trump il 29 dicembre a Mar a Lago.

Scontro Usa-Cpi

Infine, sul piano giudiziario internazionale, la Corte Penale Internazionale ha respinto con fermezza le nuove sanzioni imposte dagli Stati Uniti contro due suoi giudici, Gocha Lordkipanidze ed Erdenebalsuren Damdin, accusati da Washington di aver portato avanti indagini “politicizzate” su Israele. La Cpi ha definito le misure “un attacco palese alla propria indipendenza”, ribadendo che continuerà a operare nel rispetto dello Statuto di Roma.

Libano

Sul piano regionale, restano alte le tensioni con il Libano. Beirut ha denunciato una serie di attacchi israeliani nel sud del Paese, mentre le Idf hanno annunciato di aver colpito centri di addestramento e infrastrutture di Hezbollah, incluso un complesso militare dotato di depositi di armi e piattaforme di lancio. Oggi a Parigi si tiene un incontro trilaterale tra funzionari di Francia, Stati Uniti e Arabia Saudita per definire una roadmap sul disarmo di Hezbollah e rafforzare il meccanismo di cessate il fuoco, nel timore di una nuova escalation dopo la scadenza del 31 dicembre.

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