Il governo britannico prova a imprimere una svolta alla questione della rappresentanza femminile nel settore tecnologico, lanciando una task force nazionale con l’obiettivo dichiarato di “abbattere le barriere” che ancora frenano l’ingresso, la permanenza e l’avanzamento delle donne nell’industria digitale. L’iniziativa, guidata dalla ministra per Scienza, Innovazione e Tecnologia Liz Kendall, riunisce figure di primo piano dell’ecosistema tech — dalle CEO alle fondatrici di organizzazioni dedicate alla formazione — con il compito di proporre misure pratiche e immediatamente applicabili. Il punto di partenza è un dato che pesa come un macigno: secondo le analisi citate dal governo, l’economia britannica perde ogni anno tra i 2 e i 3,5 miliardi di sterline perché troppe donne abbandonano il settore o non riescono a progredire a causa di ostacoli strutturali. A ciò si aggiunge un divario persistente nella formazione: gli uomini superano le donne di quattro a uno nei percorsi di informatica, mentre le startup fondate da donne continuano a ricevere una quota minima dei finanziamenti disponibili. La task force nasce per invertire questa tendenza, lavorando su tre fronti: accesso, permanenza e leadership. L’obiettivo è creare un ambiente in cui le donne possano non solo entrare nel settore, ma restarci e guidarlo. Tra le componenti figurano dirigenti come Allison Kirkby di BT Group e imprenditrici come Anna Brailsford di Code First Girls e Charlene Hunter di Coding Black Females, a testimonianza di un approccio che punta a unire istituzioni e industria in un’unica strategia nazionale. Il governo presenta l’iniziativa come un investimento economico oltre che sociale: ampliare il bacino di talenti significherebbe aumentare innovazione, competitività e capacità di crescita del Paese. Ma la sfida è culturale prima ancora che tecnica. Le testimonianze raccolte negli ultimi anni parlano di ambienti ostili, carriere bloccate e mancanza di modelli femminili nei ruoli apicali.



