I negoziati sulla guerra in Ucraina entrano in una fase che le parti definiscono decisiva. A Berlino è in corso il confronto più ampio e strutturato dall’inizio del tentativo di mediazione statunitense, con la partecipazione dei leader europei, dei vertici dell’Ue e della Nato e degli inviati della Casa Bianca. Sul tavolo c’è il piano di pace promosso dagli Stati Uniti, rielaborato da Kiev dopo le consultazioni con gli alleati europei.
Il Cremlino, per bocca del portavoce Dmitrij Peskov, ribadisce che Vladimir Putin è “aperto a decisioni serie”, ma non a “stratagemmi per guadagnare tempo”, escludendo un cessate il fuoco senza un accordo complessivo. La Russia pone come condizione centrale la rinuncia formale dell’Ucraina ad aderire alla Nato, definita “un cardine” di qualsiasi intesa.
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha accolto alla Cancelleria federale, a partire dalle 18.30, i leader europei e i vertici delle istituzioni euroatlantiche. Presenti, tra gli altri, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo António Costa, il segretario generale della Nato Mark Rutte, il presidente francese Emmanuel Macron, la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, oltre ai leader di Danimarca, Polonia, Finlandia, Svezia, Paesi Bassi, Norvegia e Regno Unito.
Secondo il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul, i colloqui “non sono mai stati condotti con tanta serietà come ora” e il fatto che si svolgano a Berlino conferma il ruolo centrale dell’Europa. Wadephul ha sottolineato che, se confermata, la disponibilità di Kiev a discutere su garanzie di sicurezza in cambio della rinuncia alla Nato rappresenterebbe “una linea che la Russia può accettare”, pur ribadendo che Mosca deve assumere un ruolo guida per arrivare a un cessate il fuoco.
Ieri si è svolto il primo round di trattative tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff e Jared Kushner, genero di Donald Trump. L’incontro, durato oltre cinque ore, è stato definito “molto produttivo” da Witkoff, che ha parlato di “progressi significativi” e annunciato un nuovo incontro nella giornata successiva. Al centro del confronto, il piano in venti punti per la pace, l’agenda economica e le garanzie di sicurezza.
Zelensky ha ribadito la richiesta di congelare il fronte come primo passo, per poi aprire negoziati sul futuro dei territori occupati. Secondo il Wall Street Journal, tuttavia, la posizione americana resta rigida e poco incline a compromessi, in particolare sulla questione del Donbas.
Garanzie di sicurezza
Il Financial Times riferisce che Zelensky si è detto pronto a rinunciare all’adesione alla Nato in cambio di garanzie di sicurezza vincolanti da parte di Stati Uniti ed Europa. Il presidente ucraino avrebbe chiesto accordi bilaterali con Washington simili all’articolo 5 dell’Alleanza atlantica, affiancati da impegni concreti di Paesi europei e di altri partner come Canada e Giappone.
“Questo è già un compromesso da parte nostra”, avrebbe spiegato Zelensky, sottolineando di non aver ancora ricevuto una risposta ufficiale dagli Stati Uniti alla proposta rivista inviata da Kiev. “Il piano non piacerà a tutti, perché contiene molti compromessi”, ha aggiunto.
Dal Cremlino arrivano segnali di scetticismo. Il consigliere presidenziale Yuri Ushakov ha dichiarato che la Russia non ha ancora visto le proposte di pace elaborate da Ue e Ucraina e dubita che possano offrire un contributo costruttivo. Secondo fonti citate dall’Afp, durante i colloqui di Berlino i negoziatori americani avrebbero chiesto all’Ucraina di ritirarsi dalla parte del Donbas ancora sotto controllo di Kiev, una richiesta che l’Ucraina rifiuta e che, secondo la stessa fonte, avvicinerebbe la posizione statunitense a quella russa.
L’Alta rappresentante dell’Ue Kaja Kallas ha avvertito che, se la Russia dovesse prendere il Donbas, non si fermerebbe lì. “Se lo prende, procederà con la conquista dell’intera Ucraina e anche altre regioni saranno in pericolo”, ha dichiarato, sottolineando che le garanzie di sicurezza non possono limitarsi a documenti o promesse, ma devono tradursi in “truppe reali e capacità concrete”.
In questo contesto, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha definito la gestione della crisi ucraina un “banco di prova” per l’Unione europea, ribadendo la necessità di mantenere l’unità politica e diplomatica.
Sul piano economico e legale, la Banca centrale russa ha chiesto un risarcimento di circa 200 miliardi di euro a Euroclear per il congelamento dei capitali russi deciso dall’Ue. La questione degli asset congelati tornerà al centro del dibattito europeo nel prossimo vertice Ue, dove si discuterà del loro possibile utilizzo a favore dell’Ucraina.



