Dopo quasi cinque ore di colloquio al Cremlino tra Vladimir Putin e l’inviato speciale Steve Witkoff, accompagnato da Jared Kushner, il consigliere diplomatico Yuri Ushakov ha confermato che nessun compromesso è stato trovato sui territori che la Russia occupa in Ucraina, circa un quinto del paese. Alcune proposte americane possono essere discusse, ha spiegato, ma la questione dei confini resta aperta. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha parlato di punti accettabili e di altri “inaccettabili” nel quadro di “normale processo di lavoro” e ha ringraziato Trump per gli sforzi, precisando che il confronto proseguirà a livello di esperti prima di eventuali nuovi contatti tra i leader. In parallelo una fonte citata dal Kiev Post riferisce che l’incontro di fra Zelensky e la delegazione americana guidata da Witkoff e Kushner a Bruxelles è stato cancellato per il rientro urgente del presidente a Kiev. Zelensky ha comunque assicurato che il canale resta aperto. Il ministro della Difesa Rustem Umerov era a Bruxelles per coordinarsi con i consiglieri per la sicurezza dei paesi europei e poi volerà negli Stati Uniti per preparare un nuovo appuntamento con gli emissari di Trump. Da parte sua la Nato prova a tenere insieme negoziato e sostegno militare. A Bruxelles i ministri degli Esteri hanno confermato nuovi aiuti in armi per oltre un miliardo di euro, acquistate da diversi paesi europei sul mercato statunitense nell’ambito del programma Purl. Il segretario generale Mark Rutte riconosce che il processo di pace è “un fatto positivo” ma insiste che, se non porterà risultati, sarà essenziale continuare con forniture di armi e sanzioni per spingere Putin a trattare. L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del Comitato militare dell’Alleanza, ha chiarito che le sue recenti parole su possibili azioni preventive si riferivano alle minacce ibride e alla cybersicurezza e ha ribadito che la Nato “rimane un alleanza difensiva”. Da Roma Giorgia Meloni invita a “misurare molto bene le parole” per evitare escalation, difende la lettura prudente delle dichiarazioni di Cavo Dragone e conferma che entro fine anno il governo varerà un nuovo decreto per prolungare l’invio di aiuti militari a Kiev oltre la scadenza del trentuno dicembre.
Scetticismo europeo sulla “pace giusta”
Da Helsinki il presidente finlandese Alexander Stubb invita a non farsi illusioni su una “pace giusta” pienamente conforme agli obiettivi di Kiev e dei suoi alleati, mentre il governo tedesco nota che al momento non vede in Russia una reale disponibilità a una soluzione negoziata. Il segretario di Stato americano Marco Rubio rivendica invece il ruolo di Washington come unico attore in grado di “colmare il divario” fra Mosca e Kiev, difende il dialogo con entrambe le parti e sostiene che questo sia “il momento ideale” per cercare di chiudere il conflitto garantendo sicurezza e prospettive economiche all’Ucraina. Sul fronte europeo la Commissione ha presentato un pacchetto legislativo che ruota attorno a un prestito di riparazione per Kiev, garantito dai proventi e dal valore dei beni della banca centrale russa immobilizzati in gran parte in Belgio. Secondo indiscrezioni pubblicate da Politico il prestito arriverebbe a 165miliardi di euro dentro un pacchetto complessivo da 210 miliardi per coprire fabbisogni di bilancio, investimenti nella difesa ucraina e il rimborso di prestiti del G7. Il commissario Valdis Dombrovskis assicura che il progetto è “giuridicamente solido e conforme al diritto internazionale”, ma Bruxelles deve ancora convincere il Belgio, che teme il rischio di contenziosi e chiede più garanzie e una maggiore condivisione degli oneri con gli altri paesi che detengono beni russi.
Stop graduale al gas russo
Sul piano energetico Consiglio e Parlamento europei hanno raggiunto ieri un’intesa di principio su un regolamento che introduce il divieto graduale e vincolante di importare gas russo via gasdotto e gas naturale liquefatto, con fase finale tra la fine del 2026 e l’autunno del 2027. Per Ursula von der Leyen è “un giorno storico per l’Unione”, la prova che l’Europa può liberarsi dalla dipendenza energetica da Mosca e allo stesso tempo sostenere la ricostruzione della rete ucraina. Budapest e Bratislava annunciano però il loro no e parlano di decisioni “ideologiche” e dannose, mentre il Cremlino definisce la scelta europea una condanna a “fonti molto più costose” e a una perdita di competitività.
Raid e droni
Intanto sul terreno la guerra continua. Nella regione ucraina di Dnipropetrovsk un raid russo ha ucciso due persone e ne ha ferite altre tre, fra cui un diciottenne. Kiev rivendica nuovi attacchi con droni contro depositi di carburante nelle regioni russe di Tambov e Oryol, che hanno provocato incendi senza vittime segnalate. Nel Mar Nero Turchia Romania e Bulgaria, che hanno denunciato una serie di attacchi contro petroliere e cargo nella zona economica esclusiva turca, hanno chiesto il rispetto del diritto internazionale e della libertà di navigazione. Ankara, che mantiene rapporti con entrambe le parti, lavora a nuove iniziative per rilanciare colloqui di cessate il fuoco a Istanbul, mentre Putin minaccia di colpire le navi dei paesi che aiutano l’Ucraina e perfino l’accesso di Kiev al mare.



