Una lezione severa, ma carica di prospettiva, quella pronunciata da Mario Draghi all’inaugurazione dell’anno accademico del Politecnico di Milano. L’ex Premier ha posto al centro del suo intervento il tema più urgente dell’economia contemporanea: l’Intelligenza Artificiale come motore potenziale di crescita, ma anche come fattore di instabilità se non governata con lucidità. “Una valutazione lucida dell’Intelligenza Artificiale deve riconoscere sia i rischi sia i benefici”, ha esordito Draghi. Da un lato le stime indicano che l’AI potrebbe “innalzare in modo sostanziale il percorso di crescita dell’economia avanzata”. Dall’altro, il pericolo è concreto: sostituzione del lavoro, aumento delle disuguaglianze, violazioni della privacy e concentrazione del potere economico in poche mani. Un rischio amplificato, ha puntualizzato, se il mercato dovesse seguire logiche in cui “il vincitore si appropria di gran parte dei benefici”.
Guardando alle trasformazioni del passato, Draghi ha ricordato che le rivoluzioni tecnologiche non hanno mai prodotto una perdita permanente di posti di lavoro, ma sempre una transizione difficile: “La discontinuità colpisce in modo diseguale. Alcuni lavoratori sopportano l’onere della sostituzione, altri ne beneficiano in misura sproporzionata”. Per questo, ha spiegato, saranno le politiche a determinare l’impatto dell’AI: “La velocità e l’ampiezza della sostituzione del lavoro non dipendono solo dalla tecnologia, ma dalle scelte dei governi. Prosperità condivisa o ulteriori concentrazioni di ricchezza: dipenderà da come sapranno intervenire”.
Innovazione e crescita
Draghi ha poi allargato lo sguardo al quadro macroeconomico, soffermandosi sul legame cruciale tra innovazione e crescita. In un’Europa segnata dall’invecchiamento della popolazione e da un alto debito pubblico, “la crescita è essenziale”. L’ex Presidente della Bce ha avvertito che l’idea secondo cui un paese avanzato possa prosperare anche con un’economia stagnante è “un’illusione pericolosa”: senza crescita, ha detto, “il rapporto debito/Pil diventa insostenibile”, costringendo i governi a scegliere fra priorità fondamentali come pensioni, difesa, welfare e transizione verde. Il cuore del suo discorso è però il ruolo dell’Europa nella corsa globale all’innovazione. “Viviamo un momento di verità”, ha detto Draghi, ricordando che in vent’anni il continente è passato dall’essere ricettore e riduttore del divario tecnologico con gli Stati Uniti ad avere “eretto barriere all’innovazione”. I numeri sono eloquenti: lo scorso anno gli Usa hanno prodotto 40 grandi modelli di AI, la Cina 15, l’Ue soltanto 3. E lo stesso ritardo si osserva in settori come biotecnologie, materiali avanzati, fusione nucleare.
Le cause? Regole complesse, mercati frammentati, difficoltà per le imprese giovani. Risultato: “due terzi delle startup europee si spostano negli Stati Uniti già nella fase di preavviamento”, ha sottolineato. Un’emorragia di talenti e capitali che rischia di condannare l’Europa a un futuro di marginalità economica. “Se l’UE mantenesse il tasso attuale di crescita della produttività, fra 25 anni la sua economia avrebbe le stesse dimensioni di oggi”.
Il messaggio agli studenti
Un passaggio particolarmente sentito Draghi lo ha dedicato agli studenti del Politecnico: “La società ha investito in voi. Ora dovete pretendere condizioni che vi permettano di costruire qui il vostro futuro”. Non significa rinunciare all’estero, ha spiegato, ma lavorare perché innovare in Italia e in Europa non sia più un percorso a ostacoli. “I vostri successi cambieranno la politica più di qualunque discorso”. Draghi ha concluso con un messaggio di fiducia, affidato alle nuove generazioni: “L’Europa tornerà a essere un magnete per capitale e talento. La voce di chi vuole un continente che si rinnovi sta crescendo. Una generazione determinata sta emergendo: vuole usare le competenze con responsabilità e costruire qui il futuro. Questo è servire il proprio paese nel nostro tempo”.



