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Hamas consegna il corpo di Goldin e rilancia: “Ora liberate i nostri combattenti”

lunedì, 10 Novembre 2025
2 minuti di lettura

Dopo la restituzione in Israele del corpo del tenente Hadar Goldin, ucciso e rapito da Hamas durante l’operazione Margine Protettivo nel 2014, la crisi che coinvolge i miliziani del movimento islamista intrappolati nei tunnel di Rafah sembra entrare in una fase decisiva. Secondo fonti diplomatiche e mediatori regionali, il gesto di Hamas avrebbe l’obiettivo di sbloccare le trattative in corso per la liberazione di circa 150-200 combattenti ancora nascosti sotto la Striscia di Gaza.
Il mediatore palestinese-americano Bishara Bahabah, intervistato dal canale saudita Al-Hadath, ha spiegato che Hamas ha trasmesso “un messaggio chiaro” ai mediatori internazionali: “Abbiamo consegnato il corpo, ora tocca a voi liberare i nostri attivisti”.
Bahabah ha aggiunto che “la Turchia, l’Egitto e gli Stati Uniti sono tutti impegnati a trovare una soluzione che consenta un rilascio sicuro dei combattenti”, ipotizzando che “entro due giorni si possa raggiungere un accordo per il trasferimento dei miliziani verso aree palestinesi considerate sicure”.
Secondo il mediatore, i miliziani intrappolati si troverebbero “all’interno della linea gialla”, una zona sotto controllo delle Forze di difesa israeliane. Nonostante la difficile situazione, Bahabah ha precisato di non aver ricevuto segnalazioni di emergenze sanitarie tra i combattenti, aggiungendo che “dispongono di acqua e cibo sufficienti per sopravvivere, segno che la loro permanenza nei tunnel è stata organizzata in modo pianificato”.

“Pronti a ritirare i combattenti, ma Israele non deve provocare”

Un alto funzionario di Hamas all’estero, Ismail Radwan, ha confermato in un’intervista ad Al Jazeera i contatti con i mediatori internazionali e la disponibilità del movimento a ritirare i miliziani dalla “linea gialla” per evitare nuove tensioni. “Abbiamo chiarito ai mediatori che siamo pronti a rimuovere i combattenti per impedire a Israele di usare la loro presenza come pretesto per un attacco”, ha dichiarato Radwan. Il dirigente di Hamas ha comunque ribadito che il gruppo considera Israele “pienamente responsabile di qualsiasi escalation” e che “i combattenti hanno il diritto di difendersi” in caso di attacco.
Radwan ha inoltre affermato che Hamas è “impegnata a mantenere il cessate il fuoco e a procedere verso la seconda fase dell’accordo”, chiedendo alla comunità internazionale — e in particolare all’amministrazione americana — di “fare pressione su Israele affinché rispetti gli impegni presi”.

Gli Stati Uniti tentano la mediazione

Sul fronte diplomatico il dossier Rafah è ora nelle mani di Jared Kushner, inviato speciale americano, arrivato ieri in Israele per discutere con il premier Benjamin Netanyahu. L’obiettivo, secondo fonti israeliane, è garantire la piena attuazione dell’accordo raggiunto nelle scorse settimane e superare i ritardi legati alle condizioni imposte da Israele ai Paesi coinvolti nella forza multinazionale che dovrebbe monitorare la tregua.
Bahabah ha sottolineato che “gli Stati Uniti hanno il potere di costringere Israele a rispettare i propri obblighi”, aggiungendo che Washington potrebbe “imporre una soluzione che soddisfi tutte le parti, dato che Hamas ha già adempiuto alla richiesta principale: la restituzione del corpo di Hadar Goldin”.

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