Quando l’amore si paga a ore: il fenomeno delle “rental family” giapponesi

In Giappone dagli Anni ’90 hanno cominciato a diffondersi le agenzie di “rental family”, che forniscono attori a clienti che hanno bisogno di un parente, di un partner, di un amico, sia per eventi mondani che per combattere la solitudine che molti vivono in quel Paese
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Il Giappone è un Paese unico nel suo genere per quella contiguità tra tradizione e modernità, che garantisce servizi di qualsiasi genere, per quasi ogni bisogno. Tra i più particolari il “rental family service”, noto anche come “professional stand-in service” ovvero il servizio di un attore professionista “in affitto”. A partire dagli Anni ‘80/‘90 queste agenzie “affittano” degli attori per interpretare il ruolo dell’amico, di un parente, di un fidanzato/a o di un collega di lavoro per eventi mondani o per semplice compagnia. Attualmente sono centinaia le società che offrono questi servizi in Giappone, come la “Family Romance” o la “Hagemashi-tai”, e il prezzo per qualche ora varia dai 150 ai 300 dollari, in base anche al ruolo. I clienti possono anche scegliere l’età dell’attore, il suo aspetto fisico e il suo modo di comportarsi.

Alle origini del servizio

Uno dei primi servizi di “rental family” risale alla fine degli Anni ’80 ed è riconducibile alla “Japan Efficiency Corporation” guidata da Satsuki Oiwa, azienda nata inizialmente per formare dipendenti aziendali, ma che dal 1991 iniziò a offrire anche il “noleggio” di attori professionisti per matrimoni, funerali e altri eventi sociali. In un anno arrivarono ad avere 21 clienti, una lista d’attesa di più di 84 persone e 400 curriculum di attori che volevano il lavoro.

Numerose sono le testimonianze, anche sui social, di gente che “noleggia” un fidanzato, una mamma, una nonna, una sorella, anche solo per un giorno, per vivere un rapporto che non hanno mai potuto sperimentare. Tyen Rasif, digital creator che su Instagram ha 194mila followers, a marzo ha postato un reel che ha raggiunto quasi 600mila visualizzazioni, in cui racconta la sua esperienza a Tokyo con una mamma in affitto per un giorno. La ragazza spiega come, non avendo avuto un bel rapporto con la madre, ha deciso di “affittare” una donna più anziana per vivere almeno per un giorno con una figura materna, in grado di darle amore. Ma questo è solo un esempio, perché sono tantissimi i video di ragazze che noleggiano un fidanzato o anche un padre, una nonna o un nonno.

“Rental sister” e “Do-nothing rental man”

Tra i vari esempi di “rental family” troviamo l’agenzia “New Start”, un’organizzazione no-profit “rental sister”. Il processo è simile a quello della “rental family”, ma si diversifica non solo per la sua natura di organizzazione senza scopi di lucro, ma anche perché fornisce specificatamente supporto agli “Hikikomori”, le persone che soffrono di estremo isolamento sociale. Il ruolo di queste donne è quello di fornire supporto per convincere, senza pressioni, i clienti a uscire di casa.

Uno dei servizi più particolari in questo campo è quello del “Do-Nothing Rental man”, letteralmente l’uomo che non fa nulla. L’idea è nata da Shoji Morimoto, precedentemente un Hikikomori, che ha capito che l’unica cosa che amava fare era il nulla. Ha iniziato, quindi, a mettersi sul mercato a disposizione delle persone che vogliano parlare con qualcuno dei loro problemi senza pesare sulla famiglia o semplicemente frequentare luoghi o compiere azioni che da soli non farebbero.

Le motivazioni dietro alle “rental family”

In una società come quella giapponese, dove le apparenze devono essere perfette per potersi integrare con gli altri, la pressione sociale è sempre più alta e ciò spinge le persone a cercare soluzioni che possano, anche se temporaneamente, alleviare quella pressione. Per Takeshi Sato, professore di sociologia all’Università Hitotsubashi di Tokyo, è sorprendente che esistano persone che sentano il bisogno di affittare familiari e che ne siano appagati. “Suppongo che oggigiorno le persone sentano davvero il bisogno di legami di parentela – spiega il professore in un articolo sul “Los Angeles Times” -. Rispetto a 50 anni fa il sistema familiare in Giappone è cambiato radicalmente e i rapporti familiari stanno gradualmente scomparendo”.

Ma il movente sembrerebbe essere soprattutto il bisogno di un affetto costruito sui gesti e sulle parole, invece che sui beni materiali. Ne è convinto Satsuki Oiwa, CEO della Japan Efficiency Corporation. Infatti, nel libro “Japan: A Reinterpretation” di Patrick Smith, in cui dice: “Il Giappone è sempre stato un Paese in cui gli adulti esprimevano il loro amore con doni materiali. Noi, tra i trenta e i quarant’anni, eravamo bambini che ricevevano amore sotto forma di oggetti. Ma le persone si sono rese conto che i beni materiali da soli non bastano a renderle felici. Hanno iniziato a vedere ciò che avevano dimenticato o ciò che non avevano mai avuto. Non sanno ancora cosa fare al riguardo. Non ne sono sicuri. Ma affittare una famiglia è una delle cose che hanno fatto”.

Ichinokawa Ryuichi, fondatore e presidente dell’Hagemashi-tai, in un’intervista sul “Bloomberg Businessweek”, ha raccontato che nella cultura giapponese persiste un’eccessiva preoccupazione per le apparenze, con la convinzione che esista solo un unico modo di vivere e una sola verità. “Le persone che si rivolgono a noi – ha rivelato l’imprenditore – spesso non hanno nessun altro a cui chiedere. Siamo la loro ultima risorsa. Ci sono momenti in cui mi chiedo: cosa succederà se non aiuto questa persona? Forse si tradurrà solo in un imbarazzo di breve durata o forse il danno sarà più profondo, con ripercussioni sulla sua vita”.

Insomma, che sia per vivere un’esperienza diversa o sopperire a una qualche mancanza, sta di fatto che il servizio di “rental family” si è ampiamente sviluppato in Giappone, per poi espandersi anche in altre parti del mondo, tanto da essere rappresentato anche nei film e nelle serie tv come un fenomeno tipico. Proprio in queste settimane, infatti, alla Festa del Cinema di Roma è stato presentato “Rental Family – Nelle vite degli altri”, il film diretto da Hikari, con Brendan Fraser, che racconta proprio di questo mondo a noi ancora sconosciuto.

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