In Israele è bufera dopo l’arresto di Yifat Tomer-Yerushalmi, ex procuratrice generale militare che aveva diffuso il video di un prigioniero palestinese torturato nel centro di detenzione di Sde Teiman. Il filmato, risalente al luglio 2024, mostrava cinque soldati riservisti mentre picchiavano, violentavano e accoltellavano un detenuto di Gaza bendato e immobilizzato. Le immagini avevano provocato indignazione internazionale e un durissimo commento del premier Benjamin Netanyahu, che parlò di “enormi danni all’immagine dello Stato e dell’esercito israeliano”.
Secondo la polizia, Tomer-Yerushalmi e l’ex procuratore capo Matan Solomosh avrebbero ostacolato l’indagine interna sulla fuga di notizie. L’ex procuratrice era scomparsa per alcune ore lasciando un biglietto d’addio, poi ritrovata su una spiaggia vicino a Tel Aviv. Il suo arresto ha riacceso il dibattito sulla trasparenza dell’apparato militare israeliano e sulle violazioni dei diritti dei prigionieri palestinesi.
Nel frattempo, la Società dei prigionieri palestinesi ha annunciato la morte in custodia di Mohammed Hussein Ghawadra, sessantatreenne di Burqin, arrestato nell’agosto 2024. L’uomo, affetto da malattie croniche, sarebbe stato privato delle cure mediche. Secondo l’organizzazione, è l’ottantunesimo detenuto palestinese morto nelle carceri israeliane dall’inizio della guerra a Gaza.
Il conflitto
Sul fronte del conflitto, Hamas ha riconsegnato a Israele i corpi di tre ostaggi: il tenente colonnello Asaf Hamami, il capitano Omer Neutra e il sergente Oz Daniel. Le autorità israeliane hanno espresso cordoglio e ribadito l’impegno a recuperare le spoglie degli altri otto ostaggi ancora dispersi.
Le tensioni restano alte anche sul piano politico. Netanyahu ha confermato il sostegno al disegno di legge che introduce la pena di morte per i terroristi, dopo essersi a lungo opposto durante le trattative sugli ostaggi. Il premier continua inoltre a subire critiche interne e internazionali per la gestione della guerra e per i nuovi raid seguiti al cessate il fuoco, condannati dal presidente turco Erdogan.
Dal fronte americano, Donald Trump ha escluso qualsiasi pressione su Israele per il riconoscimento dello Stato palestinese, elogiando Netanyahu come “un primo ministro in tempo di guerra, dotato di grande talento e determinazione”. Lo stesso Trump ha lasciato intendere che il presidente siriano Bashar al-Assad potrebbe essere presto invitato alla Casa Bianca, segnale di un possibile riassetto delle alleanze regionali.



