Il governo sudafricano ha criticato il piano dell’amministrazione Trump che prevede l’accoglienza prioritaria di rifugiati afrikaner, la minoranza bianca discendente dai coloni olandesi, nel nuovo programma statunitense per l’asilo. La misura, annunciata il 30 ottobre con un tetto massimo di 7.500 rifugiati per il 2026, ha suscitato indignazione diplomatica e proteste da parte di Pretoria. “Questa è una politica selettiva e profondamente offensiva,” ha dichiarato il ministro degli Esteri sudafricano Naledi Pandor, aggiungendo che “gli USA stanno legittimando una narrazione distorta, secondo cui gli afrikaner sarebbero perseguitati in patria, ignorando le vere crisi umanitarie globali.” Il governo ha convocato l’ambasciatore statunitense per chiedere chiarimenti e ha definito la mossa “un insulto alla lotta contro l’apartheid”. Secondo il piano pubblicato sul Federal Register, gli afrikaner verrebbero considerati “vittime di discriminazioni illegali o ingiuste”, con priorità assoluta rispetto ad altri richiedenti asilo provenienti da zone di guerra come Sudan, Myanmar o Palestina. Il Dipartimento della Salute USA ha già predisposto procedure di reinsediamento e assistenza abitativa per oltre 6.000 sudafricani bianchi. Organizzazioni per i diritti umani, tra cui Human Rights Watch e Focus on Africa, hanno denunciato il piano come “razzista e ideologico”, accusando Washington di voler “strumentalizzare l’asilo per fini politici”. All’interno del Sudafrica, la notizia ha provocato reazioni contrastanti: mentre alcuni gruppi afrikaner parlano di “riconoscimento internazionale delle difficoltà”, la maggioranza della popolazione lo considera un atto di neocolonialismo. Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha dichiarato che “il Sudafrica è una democrazia costituzionale dove i diritti di tutti sono tutelati. Non accetteremo che si dipinga il nostro Paese come un luogo di persecuzione razziale.”



