Giorgia Meloni torna sul tema del contributo straordinario agli istituti di credito e rivendica la scelta del governo. In un passaggio contenuto nel nuovo libro di Bruno Vespa, ‘Finimondo’, in uscita il 30 ottobre per Mondadori–Rai Libri, il Premier spiega la linea dell’esecutivo e risponde direttamente all’Amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina. “Non vogliamo tassare la ricchezza prodotta dalle aziende, perché daremmo un segnale sbagliato. Vogliamo un contributo sulla rendita accumulata per condizioni di mercato che la politica del governo ha fortemente contribuito a creare”, afferma Meloni nel colloquio con Vespa. Il Presidente del Consiglio sostiene che l’obiettivo non sia colpire l’attività bancaria in sé, ma una parte degli extra-profitti generati in un contesto agevolato dalle misure adottate negli ultimi anni. Meloni prosegue spiegando di aver chiarito alla guida di Intesa Sanpaolo lo spirito dell’iniziativa: “Per mantenere i conti in ordine, occorrono delle risorse e le abbiamo chieste a chi, grazie a questa politica, ha avuto dei grandi benefici”. Il riferimento è alle condizioni che avrebbero favorito gli istituti di credito, dalle fasi di stabilizzazione finanziaria fino alle misure emergenziali.
Il ruolo del sistema bancario
Il Primo Ministro cita alcuni esempi: “Se cresce lo spread, se sale il rating dell’Italia, se le banche hanno potuto approfittare dei 200 miliardi messi a disposizione dal Governo Conte per rinegoziare con la garanzia dello Stato prestiti che avevano già erogato, o dei crediti del superbonus, sempre grazie a Giuseppe Conte, è giusto che quelle stesse banche ci diano una mano a continuare in una politica così profittevole”. L’idea di fondo, secondo Meloni, è che gli istituti finanziari abbiano tratto notevoli vantaggi dal quadro creato dalle scelte dei governi, e che un contributo mirato sia “un atto di equità”, necessario per sostenere misure rivolte ai cittadini più fragili.
Per il Premier l’entità del contributo richiesto è proporzionata alla capacità del settore bancario: “Se su 44 miliardi di profitti nel 2025 ce ne mettono a disposizione circa cinque per aiutare le fasce più deboli della società, credo che possiamo essere soddisfatti noi e che in fin dei conti possano esserlo anche loro”.



