La tregua in vigore dal 10 ottobre resta fragile. Ieri il New York Times ha riferito che droni statunitensi sorvolano la Striscia per verificare in modo indipendente il rispetto del cessate il fuoco da parte di Israele e Hamas. Sul terreno, fonti locali citate da Ynet hanno parlato di colpi d’artiglieria a est di Khan Yunis e verso la zona sud-orientale di Deir al-Balah, con un ferito nel campo di al-Bureij. In parallelo, le Forze di difesa israeliane hanno annunciato l’uccisione di un militante di Hezbollah nell’area di Zoutar al-Sharqiyah, nel sud del Libano. Intanto la dimensione politica si muove su più piani. Sul fronte interno israeliano, un sondaggio di Channel 12 indica che la maggioranza degli intervistati ritiene che Benjamin Netanyahu non dovrebbe candidarsi alle prossime elezioni. Nella Cisgiordania occupata, la notte scorsa un gruppo di coloni ha attaccato il villaggio di al-Mughayyir, incendiando almeno tre veicoli, secondo fonti palestinesi citate dai media israeliani. Sul fronte estero ieri il segretario di Stato Usa Marco Rubio ha lasciato Israele dopo una visita di due giorni e raggiungerà Donald Trump in Qatar, dove il presidente incontrerà emiro e premier a bordo dell’Air Force One durante una sosta verso la Malesia per l’Asean. Rubio ha definito “concreta” la prospettiva di dispiegare a Gaza una Forza internazionale di stabilizzazione, precisando che la sua composizione dovrà essere accettabile per Israele, che manterrebbe un diritto di veto. Washington, intanto, secondo l’emittente pubblica israeliana Kan, avrebbe chiesto a Gerusalemme di non varare nuove sanzioni contro Hamas per evitare scosse al cessate il fuoco, mentre fa pressione su Egitto e Qatar perché la controparte rispetti gli impegni sulla restituzione dei corpi degli ostaggi. Infine, dal fronte della politica palestinese, Sharaf Barghouti ha dichiarato a Domani che Israele rifiuta la liberazione del padre Marwan “per mantenerci deboli e divisi”, definendo il leader di Fatah “simbolo di unità” e sostenendo che resti favorevole alla soluzione dei due Stati. Un quadro che conferma quanto la tregua regga, al momento, più per un equilibrio di pressioni e interessi che per una convergenza reale sulle soluzioni di fondo.
Il progetto di una “Nuova Gaza” e il piano Trump
Nella Striscia emergono ipotesi differenti per la gestione del dopo-guerra. Sky News ha raccolto la testimonianza del leader di una delle quattro milizie palestinesi che, a suo dire, sarebbero sostenute da Israele “oltre la linea gialla” per accelerare la rimozione di Hamas dal potere e confluire sotto un “unico ombrello” di una “Nuova Gaza”. Parallelamente, Hamas e altri movimenti palestinesi hanno diffuso un documento in cui propongono un comitato temporaneo di tecnocrati residenti per la gestione dei servizi essenziali, in cooperazione con Paesi arabi e istituzioni internazionali. L’idea differisce dal piano di Trump, che prevede un comitato tecnocratico con supervisione internazionale attraverso un “Comitato per la pace” presieduto dallo stesso presidente Usa. Resta irrisolto il nodo del disarmo di Hamas, che il movimento continua a rifiutare. In questo quadro il Times of Israel ha riferito che Israele si prepara alla possibile restituzione, già in serata, dei corpi di due ostaggi deceduti, dopo la consegna di martedì di altre due salme tramite la Croce Rossa. Restano a Gaza i resti di 13 ostaggi. Secondo Kan, l’esecutivo israeliano è frustrato dai ritardi, ma la Casa Bianca punta a evitare ritorsioni che minerebbero la tregua. Ma intanto sul piano umanitario, l’Onu ha comunicato l’apertura di 20 nuovi punti nutrizionali dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, portando a 150 i centri attivi nella Striscia. In settimana sono stati inviati alimenti terapeutici per oltre 1.200 bambini con malnutrizione acuta e più di 32 mila vasetti di pappe destinati a circa 760 neonati e bimbi piccoli per due settimane. Dall’Iran è arrivata la condanna dei raid israeliani in Libano, definiti “crimini terroristici”, con un appello al Consiglio di sicurezza a intervenire.
Il ruolo dell’Italia nella ricostruzione
L’Italia da parte sua ha aumentato il coinvolgimento nel dopo-conflitto. Fonti qualificate confermano l’arrivo a Kiryat Gat, vicino Ashdod, di un generale italiano con il suo staff per la pianificazione iniziale del Civil Military Coordination Committee, la struttura creata su iniziativa americana per coordinare stabilizzazione e ricostruzione. Sono già attivi diplomatici dell’ambasciata a Tel Aviv e del consolato a Gerusalemme. Conclusa anche la prima missione in Giordania del coordinatore per Gaza, l’ambasciatore Bruno Archi: il lavoro proseguirà a Roma per definire interventi e calendario in raccordo con agenzie nazionali e istituzioni europee.
crisi nello Yemen
La piattaforma yemenita Defense Line, ostile agli Houthi, sostiene che il movimento intenda annunciare la morte di vari leader in recenti attacchi attribuiti a Usa e Israele e organizzare funerali ufficiali, mantenendo però il riserbo sulle identità. Il gruppo, secondo le stesse fonti, sarebbe “in stato di confusione” dopo gli ultimi raid e avrebbe irrigidito le restrizioni interne con arresti di operatori locali e personale Onu.



