In un discorso televisivo durato oltre un’ora, il generale Mohamed Hamdan Daglo, noto come Hemetti, leader delle Forze di Supporto Rapido (RSF), ha lanciato accuse gravissime contro l’esercito sudanese, parlando apertamente di pulizia etnica e genocidio nelle regioni del Darfur e del Kordofan. “Stanno cercando di cancellare le tribù dalla mappa,” ha dichiarato, riferendosi agli attacchi contro leader comunitari e amministrazioni tribali. Le parole di Hemetti arrivano in un momento di escalation militare e diplomatica, mentre il conflitto interno tra RSF e le forze armate regolari, guidate dal generale Abdel Fattah al-Burhan, continua a devastare il Paese. Secondo Hemetti, l’esercito avrebbe ricevuto supporto logistico e aereo da Paesi vicini, e ha minacciato di prendere di mira qualsiasi velivolo coinvolto negli attacchi, alimentando il rischio di un allargamento regionale del conflitto. Le accuse si inseriscono in un contesto già segnato da denunce internazionali: l’ONU ha parlato di “uccisioni di massa, stupri e sparizioni” a El Fasher e in altre aree sotto assedio, mentre gli Stati Uniti hanno formalmente accusato le RSF di genocidio, imponendo sanzioni contro Hemetti e i suoi alleati. Tuttavia, il discorso del generale ribalta la narrazione, puntando il dito contro l’esercito regolare e accusandolo di voler “distruggere l’identità delle comunità locali”. Hemetti ha anche evocato il rischio di una “crisi migratoria senza precedenti” e ha chiesto l’intervento della comunità internazionale per fermare “la macchina della distruzione”. Fonti locali parlano di milioni di sfollati, villaggi rasi al suolo e una crescente emergenza umanitaria. Il Darfur, già teatro di conflitti sanguinosi negli anni 2000, torna così al centro di una tragedia che sembra non avere fine.



