Mentre la diplomazia si arena, la guerra torna a colpire i civili. Un’ondata di attacchi russi ha colpito nella notte Kiev e diverse altre città ucraine, poche ore dopo che l’esercito di Zelensky aveva rivendicato un raid sull’impianto chimico di Bryansk, nel sud-ovest della Russia. Le prime esplosioni nella capitale si sono verificate intorno all’una del mattino, seguite da un secondo attacco mezz’ora dopo. Le autorità parlano di almeno sei morti e diversi feriti. Colpiti anche Dnipro, Zaporizhzhia e Izmail, dove i bombardamenti hanno causato blackout diffusi.
A Kharkiv, droni russi hanno centrato un asilo privato, ferendo alcuni bambini. Secondo il sindaco Igor Terekhov, “il distretto di Kholodnohirsky è stato colpito duramente”. A Zaporizhzhia, i feriti sarebbero almeno tredici.
L’offensiva è arrivata in risposta al contrattacco ucraino su Bryansk, dove missili Storm Shadow britannici avrebbero distrutto una fabbrica legata al complesso militare-industriale russo. Kiev ha rivendicato l’operazione come un “attacco combinato aereo e missilistico su larga scala” capace di penetrare la difesa aerea di Mosca.
Gelo Putin-Trump
Sul fronte diplomatico, si allontana l’ipotesi di un nuovo vertice Trump-Putin. “Non ci sono piani per un incontro nel prossimo futuro”, ha dichiarato un funzionario della Casa Bianca citato da Reuters. “Non voglio sprecare un incontro”, ha confermato lo stesso presidente americano, lasciando intendere che la decisione definitiva sarà presa “nei prossimi giorni”.
Il premier ungherese Viktor Orbán insiste però sui preparativi: “Quando arriverà il momento, Budapest ospiterà il summit della pace”, ha dichiarato. Ma da Washington fonti diplomatiche escludono che il vertice sia imminente.
Secondo quanto riportato dalla France-Presse, l’ultimo faccia a faccia fra Trump e Zelensky sarebbe stato “teso e difficile”. Il presidente americano avrebbe chiesto a Kiev di “ritirarsi dal Donbass” per favorire un cessate il fuoco. “Mosca prende tempo”, ha replicato Zelensky, definendo “illusorio” parlare di pace mentre piovono bombe sulle città ucraine.
Da Mosca, il ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha ribadito la contrarietà a una tregua immediata: “Un cessate il fuoco ora significherebbe lasciare l’Ucraina sotto il controllo nazista. Chi lo propone vuole solo bloccare una soluzione duratura”.