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Strage a Gaza: Idf colpisce minibus, uccisa una famiglia di 11. La Cpi respinge il ricorso di Israele. Usa spingono per fase 2

Tel Aviv: "Rilascio ostaggi fase 1 non completo". Vance e Witkoff in Israele lunedì. Hamas: "ci sono segni di abusi e percosse" sui prigionieri
domenica, 19 Ottobre 2025
3 minuti di lettura

Ieri a Gaza un attacco israeliano ha colpito un minibus nel quartiere di Zeitoun, causando la morte di membri della famiglia Abu Shaaban: secondo fonti mediche sarebbero undici, tra cui sette bambini e tre donne; la Protezione civile di Gaza riferisce di nove corpi recuperati. L’Idf ha precisato di aver aperto il fuoco contro un mezzo che aveva oltrepassato la “linea gialla”, la demarcazione prevista dalla tregua. Hamas ha definito l’episodio “un massacro”, rilanciando l’accusa che dall’entrata in vigore del cessate il fuoco Israele abbia ucciso 28 persone. Sul fronte giudiziario, la Corte penale internazionale ha respinto il ricorso di Israele contro i mandati d’arresto per il premier Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, ritenendo non sussistano basi per annullarli prima che sia definita la questione di competenza. La decisione, già bollata da Netanyahu come “antisemita” e da Washington come “scandalosa”, mantiene inalterato il quadro: i due restano ricercati per presunti crimini di guerra e contro l’umanità legati al conflitto di Gaza. Intanto si muove la diplomazia americana. Ieri fonti televisive israeliane hanno anticipato la visita a Tel Aviv, lunedì, del vicepresidente J.D. Vance, atteso per fare il punto sull’attuazione dell’accordo: ritorno dei resti degli ostaggi uccisi, completamento della “fase 1” sul rilascio e avanzamento verso la “fase 2”, che prevede il disarmo di Hamas e l’istituzione di un’autorità alternativa per l’amministrazione di Gaza. In un’anticipazione di “60 Minutes”, l’inviato di Trump Steve Witkoff ha parlato di “senso di tradimento” dopo l’attacco in Qatar, mentre Jared Kushner ha sostenuto che “era il momento di impedire a Israele mosse dannose per i suoi interessi”.

Netanyahu: “Hamas rispetti il piano”

Da Gerusalemme, l’ufficio del primo ministro insiste: “Hamas rispetti il piano in 20 punti: fase 1 non completa, tempo stringe”. Il governo mette al centro due dossier: la restituzione dei corpi degli ostaggi uccisi e il disarmo del gruppo. Ieri è stato confermato il rientro in Israele della salma di Eliyahu “Churchill” Margalit, 75 anni, ucciso il 7 ottobre 2023 a Nir Oz e portato a Gaza: restano 18 i corpi ancora trattenuti. In parallelo, Hamas sostiene che Israele abbia restituito le salme di 15 palestinesi (135 dall’inizio degli scambi) e denuncia “segni di abusi e percosse”; l’Idf replica parlando di “propaganda” e affermando che si tratta di combattenti.

Hamas chiede garanzie

Il quadro sul controllo della sicurezza nella Striscia resta opaco. La ministra degli Esteri dell’Autorità Palestinese Varsen Aghabekian ha dichiarato che Hamas “cederà le armi” con adeguate garanzie e accetta una forza mista di stabilizzazione con componente palestinese. Ma il dirigente di Hamas Mohammed Nazzal, in un’intervista, ha rivendicato per il movimento un ruolo di sicurezza “ad interim” e non ha dato impegni sul disarmo, rinviando a “modalità e destinatari” delle armi. Segnale delle frizioni che complicano il passaggio dalla tregua a un ordine stabile.

Nuove tensioni

Sul terreno, la Marina israeliana ha sparato colpi di avvertimento contro imbarcazioni palestinesi che “violavano il blocco navale” al largo della costa meridionale di Gaza: nessun ferito. Tre ostaggi liberati – Matan Zangauker, Omri Miran e Matan Angrest – sono stati dimessi dall’ospedale Ichilov e proseguiranno l’assistenza a domicilio. L’Unrwa annuncia oltre 8.000 insegnanti pronti a riaprire le scuole per i bambini di Gaza, chiedendo di poter operare senza ostacoli dopo mesi di interruzione dell’istruzione. La crisi riverbera anche oltre Gaza. Nel Golfo di Aden, una petroliera battente bandiera camerunense ha preso fuoco dopo essere stata colpita da un proiettile “non identificato”: l’Ukmto britannica ha diramato un allarme, mentre l’equipaggio si preparava ad abbandonare la nave. Gli Houthi non hanno rivendicato, dopo settimane di pausa dagli attacchi nel Mar Rosso, ma il rischio marittimo resta elevato. Da Teheran, il ministero degli Esteri afferma che, con la scadenza della Risoluzione Onu 2231, l’Iran non è più vincolato a restrizioni sul programma nucleare oltre agli obblighi del Tnp. Ankara, infine, condanna come “inaccettabili” i raid israeliani nel sud del Libano, rinnovando la solidarietà a Beirut.

Il Papa: “La pace è possibile, non è un sogno”

A Roma, Papa Leone, rispondendo a un bambino durante l’evento giubilare per Rom, Sinti e Caminanti, ha rilanciato un appello semplice e politico insieme: “La pace è possibile, non è un sogno”. Un auspicio che oggi si misura con il nodo più duro: trasformare la tregua in un percorso irreversibile, sciogliendo i punti sospesi su ostaggi, sicurezza e governance della Striscia, mentre la giustizia internazionale e le rotte del commercio ricordano che la guerra non resta mai entro i confini.

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