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Fondazione Magna Grecia presenta all’Onu rapporto sulle mafie nell’era digitale

giovedì, 16 Ottobre 2025
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NEW YORK – Le mafie non hanno più il volto di una volta. Hanno stretto un patto con l’era digitale, cambiando pelle e strategie. Oggi colonizzano le piattaforme social, costruendo un “immaginario mafioso” che non solo normalizza, ma arriva a glorificare la criminalità, catturando soprattutto le giovani generazioni.

Per questo la Fondazione Magna Grecia ha sentito l’urgenza di scendere in campo con un secondo Studio, a due anni dal primo, puntando i riflettori su TikTok, il nuovo quartier generale digitale delle mafie. “Siamo convinti che la ricerca sia un’arma indispensabile per capire e combattere un fenomeno che corre veloce, adattandosi ai linguaggi e alle tecnologie del nostro tempo”, ha dichiarato il presidente della Fondazione, Nino Foti.

Il Rapporto, curato da Marcello Ravveduto, professore di Digital Public History all’Università di Salerno, è stato presentato al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite il 15 ottobre. Una platea d’eccezione ha accolto i risultati: il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, Antonio Nicaso, esperto di crimine organizzato e docente alla Queen University del Canada, e Chiara Colosimo, presidente della Commissione parlamentare antimafia. Con loro anche Antonello Colosimo, presidente della Corte dei conti in Umbria, e Saverio Romano, presidente della Commissione parlamentare per la semplificazione.

Lo Studio è un’esplorazione senza precedenti nell’universo di TikTok, la piattaforma dalla forza virale inarrestabile. Qui, la mafia si fa prodotto mediatico: musica, coreografie, hashtag e montaggi accattivanti la rendono seducente, accessibile, apparentemente senza conseguenze. I numeri parlano chiaro: sono stati analizzati quasi 6.300 elementi tra profili utente (1.489), video (1.455), commenti (1.385), emoji (1.053), tracce musicali (695), brand (130) e hashtag (76). Per la prima volta, è stato fatto un confronto anche con le mafie internazionali.

“Oggi la mafia parla la lingua di un brand e, come un brand, si fa pubblicità e si vende. Non evoca più il potere principalmente con la violenza, ma seguendo le logiche popolari del mercato”, ha spiegato Ravveduto. Si è “brandizzata”, creando una “mafiosfera”, un nuovo spazio di comunicazione in cui suggestiona un pubblico sempre più vasto. “In questa sfera, tutto diventa intrattenimento. La mentalità mafiosa viene normalizzata, privata della sua violenza e resa familiare al grande pubblico”.

Sempre più “pop”. In questo meccanismo, un ruolo chiave lo gioca il “mafiofilo” – a volte consapevole, a volte no – che “veste” il prodotto mafia con codici visivi e sonori distintivi: musica neomelodica e trap, immagini di lusso sfacciato, abiti griffati. La gravità morale delle storie svanisce, lasciando spazio alla spettacolarizzazione. Le organizzazioni criminali raccontano un successo facile, trasgressivo, alla portata di tutti. Diventano performative e attraenti, specialmente per i giovani.

“Le mafie ormai non sono più solo denaro, trame e violenza: oggi navigano tra server, blockchain, social media e flussi digitali. Chi vuole combatterle deve trasformarsi in un cacciatore di flussi, un lettore di sequenze nascoste, un interprete dei mondi digitali visibili e invisibili”, ha affermato Antonio Nicaso, autore della prefazione dello Studio. E ha lanciato una nuova strategia per contrastare mafie sempre più ibride e algoritmiche: “follow the flow”, segui i flussi. “Non si tratta più di affrontare strutture rigidamente gerarchiche e confinate a un territorio, ma di decifrare fenomeni complessi in cui l’innovazione tecnologica, la circolazione globale delle informazioni e la fluidità delle reti sociali cambiano radicalmente il modo in cui il crimine organizzato si struttura, comunica e si riproduce”.

Ecco perché “per contrastare le mafie nel dominio digitale è fondamentale svecchiare i protocolli d’indagine, aggiornarli alle nuove sfide tecnologiche e criminali, e dotarsi di personale altamente qualificato”, ha commentato Nicola Gratteri. “Solo attraverso un approccio professionale e specializzato possiamo smantellare le reti del crimine organizzato nel mondo digitale”.

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