C’è un dolore che non ha bisogno di parole, ma oggi è nostro dovere trovarle. Perché quello che è accaduto a Castel d’Azzano, in provincia di Verona, non è solo una tragedia: è un attentato intollerabile contro la vita, la sicurezza e il senso stesso dello Stato.
Vite spezzate per tutelare i cittadini
Il luogotenente Marco Piffari, il carabiniere scelto Davide Bernardello e il brigadiere capo Valerio Daprà hanno perso la vita mentre facevano ciò che fanno ogni giorno migliaia di uomini e donne in divisa: servire lo Stato. E quindi servire tutti noi.
Non si tratta di una morte “sul lavoro” nel senso comune del termine. Si tratta di tre vite spezzate in modo violento, improvviso, in un contesto che parla di instabilità, di follia forse, ma che non può essere ridotto a una casualità. Perché quando si colpiscono i servitori dello Stato, si colpisce ogni cittadino che in quello Stato ripone fiducia e speranza.
Il sacrificio di tre servitori dello Stato
La divisa non è solo un simbolo: è una responsabilità, un giuramento, un impegno che dura 24 ore su 24. E troppo spesso, come oggi, è anche un bersaglio. Il sacrificio di questi tre carabinieri è di quanto tra le forze dell’ordine e cittadini sono rimasti feriti scuote profondamente le istituzioni, l’Arma e le comunità che loro proteggevano. Ma scuote anche ciascuno di noi, che abbiamo visto quelle immagini, ascoltato quelle notizie con sgomento, incredulità e rabbia.
Tragedia che sia punita
Il dolore delle famiglie è il nostro. Il cordoglio dell’Arma è quello di un Paese intero. E la richiesta di giustizia e di verità deve essere ferma, senza ambiguità. Perché la sicurezza non è una parola astratta: è fatta di uomini e donne in carne e ossa, come Marco, Davide e Valerio. E oggi, a loro, dobbiamo rispetto, memoria e gratitudine. Ma anche una promessa: che il loro sacrificio non sarà dimenticato né lasciato impunito. Serve severità e lo Stato, le istituzioni democratiche non possono tollerare chi semina tragedie e lutti.