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Spalletti: “Mi manca l’Italia, Acerbi non è stato sincero”

domenica, 12 Ottobre 2025
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TRENTO – Luciano Spalletti è stato il grande protagonista assoluto della domenica al Festival dello Sport di Trento. Un intervento lungo, sentito, che non poteva che prendere le mosse dall’esperienza più recente e bruciante: la panchina dell’Italia, e il suo grande, personale rimpianto dopo l’esonero estivo.

“Ho commesso l’errore di trasferire troppo ai ragazzi il mio amore per il calcio”, confessa l’allenatore toscano, in un’ammissione sincera. “Li ho un po’ intasati, tra cose dette e richieste. Oggi i calciatori hanno bisogno di essere leggeri, perché le pressioni che sopportano sono immense. Probabilmente gli sono entrato troppo negli ingranaggi, e questo non ha fatto bene. Ma nell’Italia che ho trovato non mancava nulla. Sono convinto che ci siano venti, venticinque giocatori su cui si può costruire una grande Nazionale. Donnarumma, Bastoni, Barella e Tonali sono dei top player. Barella ha caratteristiche uniche e può giocare anche davanti alla difesa. E poi ora c’è Pio Esposito, che è veramente impressionante. Ti dà la certezza che prima o poi avremo un vero padrone dell’area di rigore: ieri sera ha segnato un gol pazzesco, per coordinamento e per la potenza del tiro. Forse assomiglia a Bobo Vieri; l’anno scorso l’ho seguito più volte a La Spezia”.

Poi, il racconto si sposta su un altro tema scottante: la storia con Francesco Acerbi e il suo no alla Nazionale prima di Norvegia-Italia. La risposta di Spalletti è netta, chiara. “La possibilità di dirmi quelle cose che ha detto, c’era stata. Invece le ha dette troppo tardi. Aveva accettato la pre-convocazione. Il giorno prima della partita gli ho telefonato e gli ho detto: ‘Avevi ragione tu, perché il campo aveva parlato chiaro e tu sei ancora uno dei più forti’. C’era stata la semifinale col Barcellona in cui aveva segnato il gol decisivo, io gli ho riconosciuto che era sempre uno dei più bravi, dopo aver inizialmente cercato di escluderlo per dare spazio ai giovani. Lo volevo con me per la partita-chiave contro la Norvegia, soprattutto con tre difensori infortunati: Gabbia, Buongiorno e Gatti. Quando l’ho chiamato, più volte, mi aveva risposto e sembrava disponibile. Poi sono passati tre, quattro giorni, ha giocato la finale di Champions, e a pochi giorni dalla partita mi ha mandato un messaggio: ‘Ci ho pensato bene e non vengo più’. Allora l’ho richiamato, e lui ha tirato di nuovo fuori la situazione di Juan Jesus. Mi sento di dire che le cose sono andate diversamente da come le racconta lui”.

E poi, il cuore non può non volare a Napoli, a quello scudetto storico e alla successiva rottura con il presidente Aurelio De Laurentiis. “A Napoli ho ricevuto un amore sfrenato, un amore che ti mette quasi timore, perché non sai dove possa arrivare. Era talmente travolgente quello che ricevevo, che quasi faceva paura. Il primo anno vivevo in albergo, accanto alla camera di De Laurentiis: un presidente forte, con cui ho condiviso momenti indimenticabili. Il secondo anno ho vissuto a Castelvolturno, in una stanzetta dentro il centro d’allenamento. Svegliarsi al mattino e vedere l’area di rigore dalla finestra… è come essere in Paradiso”, scherza. “La fine del rapporto? Per me era diventato difficile perché il presidente aveva preso il sopravvento. Non mi ha mai parlato di un rinnovo, né di un gesto qualsiasi per dimostrarmi affetto. Ha agito in modo prepotente con la prelazione sul rinnovo, e io ho deciso di non rimanere, anche a costo di non poter allenare, come da contratto. L’anno dopo ha creduto di poter gestire la situazione da solo, le cose sono andate come sono andate, e alla fine ha dovuto scegliere un altro allenatore forte, con la personalità che una piazza come Napoli richiede”.

In chiusura, uno sguardo al futuro, carico di fiducia: “L’Italia andrà ai Mondiali. I calciatori sono forti e Gattuso ha qualità di spessore: è stato molto bravo a far giocare insieme le due punte e a trovare la grinta giusta. La sua ricerca del carattere e del fisico è stata decisiva contro Israele: quella partita l’ha vinta lui, senza dover per forza costruire dal basso. Io credo nel movimento Italia: abbiamo venti giocatori di livello, e possiamo centrare l’obiettivo Mondiale”.

– Foto Ipa Agency –.

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