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Donald Trump, Presidente Usa

Gaza, è tregua. Via libera alla fase uno, Trump: “Ostaggi liberi lunedì”

I punti ancora aperti: ritiro israeliano, disarmo di Hamas e governance dopo-Gaza. Meloni: "Intesa straordinaria, grazie Trump". Festa a Tel Aviv e a Gaza, ma le bombe continuano
venerdì, 10 Ottobre 2025
3 minuti di lettura

Ieri Donald Trump ha annunciato che Israele e Hamas hanno sottoscritto la prima fase del piano di pace per Gaza: cessate il fuoco, scambio di ostaggi e prigionieri, ritiro parziale israeliano e ingresso massiccio di aiuti. “Il disarmo di Hamas avverrà nella prossima fase, ha detto Trump. Prima facciamo tornare gli ostaggi, era quello che tutti volevano”. La “fase uno” apre quindi una finestra fragile ma storica: 24 ore per la tregua, 72 per lo scambio.

Restano in sospeso disarmo, sicurezza e governance, ma per la prima volta dopo due anni di guerra Israele e Hamas hanno messo una firma. In serata il presidente USA ha dichiarato che anche l’Iran “vuole lavorare per la pace” e che gli Stati Uniti coopereranno con Teheran per la stabilità del Medio Oriente. Il presidente americano ha definito l’intesa su Gaza “l’inizio di una pace duratura, forse eterna”, annunciando l’intenzione di partecipare alla firma ufficiale dell’accordo in Egitto. La portavoce del governo israeliano Shosh Bedrosian ha confermato che «la bozza finale della fase uno è stata firmata in Egitto», precisando però che la tregua scatterà solo dopo la ratifica del governo. La riunione del gabinetto è prevista per le 17 (le 16 italiane); entro 24 ore dall’approvazione entrerà in vigore il cessate il fuoco, e nelle 72 ore successive dovranno rientrare tutti i 20 ostaggi vivi oggetto dello scambio. Secondo fonti di Hamas, Israele libererà 1.950 prigionieri palestinesi — tra cui 250 ergastolani e 1.700 detenuti dopo il 7 ottobre 2023 — in cambio di circa 20 ostaggi israeliani vivi, con “garanzie di Trump e dei mediatori”. L’Idf si ritirerà sulla “linea gialla” prevista dal piano americano, mantenendo il controllo del 53% della Striscia ma lasciando Gaza City e il valico di Rafah, che verrà riaperto su entrambi i lati. È previsto anche il trasferimento in Egitto di feriti e malati. Nei primi cinque giorni dovranno entrare almeno 400 camion di aiuti al giorno; la Mezzaluna Rossa egiziana ha già annunciato 153 convogli pronti.

Le incognite

Restano aperti i nodi più delicati. Israele ha escluso la liberazione di Marwan Barghouti, mentre Hamas chiede anche Abdullah Barghouti, Ahmad Saadat, Ibrahim Hamed e Hassan Salama. Un funzionario israeliano ha confermato che i corpi dei fratelli Yahya e Mohammed Sinwar non rientreranno nello scambio. Per nove salme non localizzate sarà creata una task force internazionale con Israele, Usa, Egitto e Qatar, assistita dalla Croce Rossa. Fonti americane chiariscono che la “fase uno” copre solo i primi giorni dell’accordo: ritiro parziale e scambio di prigionieri. Il disarmo di Hamas e la governance post-Gaza saranno affrontati in successivi negoziati.

Terreno ancora caldo

Nella notte, mentre si diffondeva la notizia dell’accordo, l’aviazione israeliana ha colpito Shati e il quartiere Sabra a Gaza City, dove un mezzo blindato carico di esplosivo sarebbe stato fatto detonare vicino alle abitazioni. L’Idf ha invitato i palestinesi a non tornare nel nord della Striscia, definita ancora “zona di combattimento”. Intanto feste spontanee hanno attraversato Gaza e Tel Aviv, dove le famiglie degli ostaggi hanno accolto la notizia chiedendo al governo di «firmare subito». Parallelamente Amnesty ha denunciato il progetto israeliano di una “zona cuscinetto” come rafforzamento dell’apartheid territoriale. L’Onu e le Ong sono pronte a far entrare centinaia di camion di aiuti, chiedendo un accesso sicuro e permanente. Intanto a Gerusalemme si preparano per la visita di Trump, attesa tra sabato sera e lunedì, con due piani già riservati al King David Hotel e un possibile discorso alla Knesset.

Reazioni e ringraziamenti

Il portavoce del Qatar, Majed Al-Ansari, ha confermato che «tutte le disposizioni della prima fase sono state concordate» e che i dettagli saranno resi noti a breve. Netanyahu ha ringraziato Trump e convocato il governo per la ratifica: «Un grande giorno per Israele». L’accordo ha suscitato un raro consenso bipartisan in Italia. La premier Giorgia Meloni lo ha definito “una straordinaria notizia” e ha assicurato che l’Italia è pronta a contribuire alla stabilizzazione e ricostruzione di Gaza, ringraziando Trump e i mediatori.

Tajani parla di “svolta storica”, Salvini propone Trump per il Nobel per la pace, mentre dall’opposizione Schlein accoglie “con sollievo” l’intesa ma chiede il riconoscimento dello Stato di Palestina. Conte attacca invece il governo, accusandolo di “volersi intestare un processo di pace non suo”.

Von der Leyen e Guterres lodano l’accordo, il segretario Onu chiede «rispetto pieno dei termini e accesso umanitario immediato». Erdogan ringrazia Trump, Qatar ed Egitto e riafferma la volontà turca di «monitorare l’attuazione» fino alla creazione di uno Stato palestinese sui confini 1967.

Abu Mazen auspica che l’intesa sia preludio a una soluzione politica duratura e alla ricomposizione Gaza–Cisgiordania sotto istituzioni palestinesi unificate.

Macron avverte che «l’espansione delle colonie è una minaccia esistenziale per la Palestina». Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, definisce l’accordo «un gesto che dona fiducia sulla lunga via della pace». Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, in una telefonata con Donald Trump, ha dichiarato che il leader americano “merita il Premio Nobel per la Pace” per aver favorito l’accordo che pone fine alla guerra a Gaza. Al-Sisi ha inoltre invitato Trump a partecipare alla cerimonia in Egitto che celebrerà la firma del cessate il fuoco.

L’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas ha dichiarato che l’Unione Europea è “pronta a far parte dell’autorità internazionale di transizione a Gaza”, ricordando che Bruxelles è il principale donatore della Palestina. A Parigi, durante la riunione sul piano di pace Usa, Kallas ha aggiunto che l’Ue valuterà il contributo a una forza di stabilizzazione e il possibile ridispiegamento delle missioni esistenti, come Eupol Copps, che assiste la polizia palestinese.

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