Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato la sospensione immediata di tutti i contatti diplomatici con il governo venezuelano, in una mossa che rischia di riaccendere le tensioni tra Washington e Caracas. L’annuncio è arrivato lunedì sera durante una conferenza stampa alla Casa Bianca, in cui Trump ha accusato il presidente Nicolás Maduro di “ostilità sistematica contro gli interessi americani” e di “violazioni gravi dei diritti umani”. La decisione comporta il ritiro del personale diplomatico statunitense rimasto a Caracas, la chiusura dell’ambasciata venezuelana a Washington e la sospensione di ogni canale di comunicazione ufficiale. “Non possiamo continuare a fingere che Maduro sia un interlocutore legittimo,” ha dichiarato Trump. “Il tempo della pazienza è finito.” Il governo venezuelano ha reagito con durezza, definendo la mossa “un atto di aggressione diplomatica” e accusando gli Stati Uniti di voler destabilizzare il Paese in vista delle elezioni municipali previste per novembre. Il ministro degli Esteri Yván Gil ha convocato l’ambasciatore russo per rafforzare la cooperazione bilaterale, mentre la Cina ha espresso “preoccupazione per l’escalation unilaterale”. La rottura arriva dopo settimane di tensioni crescenti, innescate dalla scoperta di presunti fondi venezuelani utilizzati per finanziare gruppi paramilitari in Colombia. Secondo fonti dell’intelligence americana, il denaro sarebbe transitato attraverso circuiti bancari offshore legati a funzionari vicini a Maduro. Sul piano interno, la decisione di Trump è stata accolta con favore dai repubblicani, ma ha suscitato critiche tra i democratici, che temono un ulteriore isolamento della popolazione venezuelana. Alcuni analisti avvertono che la mossa potrebbe rafforzare l’asse Caracas-Mosca-Pechino, complicando gli equilibri regionali. Per ora, il Venezuela resta senza interlocutori diretti a Washington. E la diplomazia, ancora una volta, cede il passo alla strategia del muro.
