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Khalil al-Hayya dirigente di Hamas ai negoziati di pace per Gaza

Sharm el-Sheikh, al via i negoziati indiretti Hamas-Usa-Israele

Massima allerta per anniversario 7/10. Piazze europee in mobilitazione. Falso il documento che rivelerebbe legami tra Flotilla e Hamas
martedì, 7 Ottobre 2025
3 minuti di lettura

Al Cairo si è tenuto ieri un primo contatto in vista dei colloqui indiretti tra Israele e Hamas che partono oggi a Sharm el-Sheikh, sotto regia egiziana, qatariota e statunitense. L’avvio cade alla vigilia del secondo anniversario del 7 ottobre 2023, con misure di sicurezza rafforzate in tutta l’area. Per Washington sono attesi l’inviato Steve Witkoff e Jared Kushner; per Israele guidano Ron Dermer, il coordinatore per gli ostaggi Gal Hirsch, l’ufficiale IDF Nitzan Alon, un vicecapo dello Shin Bet e funzionari del Mossad e della Difesa. Hamas schiera una delegazione guidata da Khalil al-Hayya, divisa tra il canale degli scambi di prigionieri/ostaggi e un percorso intra-palestinese per “unire le fila”. Priorità assoluta: la liberazione degli ostaggi, tema del faccia a faccia (sempre indiretto) con Usa, Egitto e Qatar. A seguire, sul tavolo ci sono un ritiro militare israeliano da Gaza e il rilascio di 250 detenuti palestinesi, con nomi simbolici come Marwan Barghouti, Ahmad Saadat e Abdullah Barghouti. Secondo fonti arabe, Hamas chiede cessate il fuoco pieno durante i negoziati, ritorno delle truppe israeliane alle posizioni del precedente accordo (fuori dalle aree popolate) e stop ai raid per 10 ore al giorno, 12 nei giorni di rilascio ostaggi. Netanyahu però resta bloccato dall’estrema destra: Ben Gvir e Smotrich minacciano la caduta del governo senza disarmo di Hamas. “L’esito dipende da Hamas”, ha detto il premier, assicurando che in caso di stallo “Trump sosterrà un’azione decisa”. Intanto, dal Patriarcato latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa invita a leggere questa fase come “un percorso pieno di insidie”, ma con “uno spiraglio che non ha precedenti”. Il cessate il fuoco non è la pace, avverte, ma “la premessa necessaria per cominciare un percorso nuovo”, a condizione che “tutte le parti rinuncino a qualcosa” e si smetta di disumanizzare il dolore dell’altro.

Washington, Cairo e Ramallah

Donald Trump, su Truth, definisce i contatti “molto positivi” e invita ad “agire velocemente” per evitare “un enorme spargimento di sangue”. Sostiene che la “prima fase” possa chiudersi entro la settimana e ribadisce l’impianto del suo piano: liberazione ostaggi, fine della guerra, governo di Gaza a tecnocrati palestinesi, percorso verso una soluzione politica. “Non serve flessibilità, tutti sono più o meno d’accordo”, afferma, ammettendo però possibili aggiustamenti tecnici. Il presidente egiziano al-Sisi elogia il piano come passo verso cessate il fuoco, scambi di prigionieri, ricostruzione e un iter politico verso lo Stato palestinese. Dall’ANP, la ministra degli Esteri Varsen Aghabekian lo definisce “non perfetto ma nella giusta direzione”: fermare la guerra, impedire lo sfollamento dei gazawi, ricostruire con protagonismo palestinese.

Il costo della guerra

Nel giorno della memoria del 7/10, il Ministero della Difesa israeliano aggiorna il bilancio: 1.152 caduti tra soldati IDF, polizia, servizi di sicurezza e squadre locali, con il 42% sotto i 21 anni; migliaia i familiari in lutto presi in carico da nuovi programmi di assistenza. A Gaza, secondo le autorità sanitarie locali, i morti superano quota 67.000. L’UNRWA denuncia il collasso dei servizi: quasi il 90% delle infrastrutture idriche e igieniche distrutto o danneggiato, oltre il 60% delle famiglie senza sapone, il 40% costretto a vivere tra rifiuti non raccolti; mezzo milione di donne e ragazze senza materiali per l’igiene mestruale.

Flottilla, accuse e contro-narrazioni

La Global Sumud Flotilla respinge come “oscene” le accuse del ministro israeliano Ben Gvir secondo cui le navi trasportavano pochi aiuti: mostre documentali e testimonianze, sostengono gli attivisti, confermano carichi di medicinali e cibo. La missione, dicono, intende “spezzare il blocco e aprire un corridoio umanitario sostenuto”. Intanto il documento pubblicato da esponenti del governo di Israele che sarebbe stato “la prova che Hamas finanzia e controlla la spedizione”, si è rivelato in realtà risalire del 2021 e non cita né sovvenzioni né operazioni marittime. Non è un “documento segreto” ritrovato in un palazzo distrutto, come detto dal governo israeliano, ma pubblico.

Piazze europee e memoria divisa

Ieri nuove, imponenti mobilitazioni in Europa e nel Mediterraneo. A Istanbul un corteo dall’Ayasofya al Corno d’Oro; ad Amsterdam circa 250.000 persone chiedono una “linea rossa” più netta verso Israele; a Parigi manifestazioni per la liberazione degli ostaggi; in Bulgaria striscioni contro “la fame come arma di guerra”; a Rabat cortei pro-Palestina. Nel Regno Unito veglie per le vittime dell’attacco a una sinagoga di Manchester e per gli ostaggi in mano a Hamas. A Bologna il prefetto annuncia il divieto della manifestazione pro “7 ottobre” dei Giovani Palestinesi. Continuano intanto le mobilitazioni nelle scuole: occupazioni e assemblee “anomale” — da Torino a Napoli — legano vertenze interne al sostegno alla Palestina e alla Flotilla, con toni duri contro il governo e il ministro Valditara.

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