Quando si pensa a Giuseppe Verdi si ricorda essenzialmente la sua carriera musicale e le composizioni che hanno cambiato il mondo della musica classica e lirica e influito sulla cultura e sulla società italiana. Pochi sanno, però, che il compositore è stato anche un agronomo, un imprenditore agricolo e un filantropo. “Le Stanze di Verdi”, docufilm di Riccardo Marchesini a cura di Pupi Avati, nato da un’idea di Giorgio Leopardi e interpretato da Giulio Scarpati e Marco Corradi, vuole portare alla conoscenza del pubblico questo lato inedito del musicista.
La Trama

Giulio Scarpati è a Piacenza per uno spettacolo teatrale. Di rientro al suo hotel, incuriosito dalla figura di Verdi, chiede informazioni al concierge, che lo mette in contatto con l’avvocato Marco Corradi, vero esperto del Maestro. Così, l’indomani mattina Scarpati e Corradi partono per un viaggio “on the road” per ripercorre le tappe della vita del compositore e scoprire i suoi mille impegni, compresi quelli filantropici che portò avanti fino alla sua morte.
Verdi benefattore
Ispirandosi al libro di Marco Corradi, “Verdi non è di Parma”, Marchesini fa percorrere al pubblico un viaggio attraverso i luoghi piacentini che aiutano a restituire un quadro più veritiero di chi fosse Verdi e in cosa credesse. Un uomo capace di impegnarsi attivamente per una Italia unita. “Verdi è stato veramente un operatore culturale – ci ha raccontato in esclusiva Giulio scarpati -, perché il popolo cantava le sue arie per le strade. In qualche modo ha creato un linguaggio comune e anche l’identificazione in un Paese ancora nascente”.
Attraverso una regia dinamica e una fotografia realistica e coinvolgente, Marchesini restituisce le atmosfere di una serie di luoghi che influiscono nella ricostruzione dell’immagine di un uomo che è sempre stato considerato introverso, ma che invece si spese davvero molto per i più bisognosi, più di quanto avrebbero fatto altri nella sua posizione. Un modo per restituire umanità al grande Maestro, nella realtà uomo che traeva godimento dall’agricoltura, dalla terra e dalle cose semplici della vita.
“La cosa che mi ha stupito di più – ha continuato Scarpati – è come faceva beneficenza. Ha costruito un ospedale a Villanova sull’Arda per i contadini, perché spesso quando si ferivano morivano dissanguati prima di arrivare a Piacenza per curarsi. Ma non ha costruito soltanto un ospedale dignitoso, ha cercato le eccellenze di quel tempo, come quando ha realizzato ‘La casa dei musicisti’ a Milano, l’ha pensata cercando di riprodurre l’ambiente teatrale, in modo che gli ospiti si sentissero a casa. Ci metteva una cura che mi ha sorpreso, pensavo: ‘un musicista importante che ha talmente tante cose da compiere, figuriamoci, avrà detto sì, lo pago io e basta’, no? E invece no. E questo mi ha colpito molto, perché l’immagine distaccata di Verdi non è poi così veritiera”. Elementi indicativi di un uomo che metteva al primo posto la dignità e, come ha ripetuto anche l’attore, che si preoccupava delle condizioni di vita dei contadini.
Le emozioni scaturite durante il viaggio
Con l’accompagnamento della colonna sonora composta dai capolavori del Maestro, lo spettatore vive l’anima del musicista in maniera sorprendente, curiosa, profonda ed emozionante. Infatti, Scarpati, oltre a essere narratore e protagonista, è anche spettatore, che in prima persona riesce a vivere i racconti di coloro che hanno trovato in Verdi una passione e il simbolo di un Paese. “Le cose che ho scoperto di Verdi mi hanno emozionato. Ho cercato di restituire proprio quello stupore nel venire a conoscenza di certi fatti. Abbiamo cercato di vedere Verdi più da vicino e meno condizionato dalla retorica comune”.
L’attuale stato di abbandono dei luoghi verdiani

Il film di Marchesini non manca di sottolineare come, purtroppo, molti dei palazzi, tra cui anche la villa dove il compositore abitava, sono abbandonati a se stessi. Per Scarpati la giusta operazione sarebbe quella di recuperarli: “Destinare un po’ di soldi al recupero di questi spazi e dar loro una funzione nel tempo, non soltanto luoghi di visita per gli appassionati verdiani, ma renderli qualcosa in più darebbe una continuità culturale a questa storia. Spero che questo docufilm sia un messaggio per tutto ciò che è in rovina, come l’albergo di San Marco di Piacenza, l’ospedale di Villanova sull’Arda e la villa di Sant’Agata. Spero si riesca a rimetterli a posto per ridar loro un ruolo, non soltanto in memoria del Maestro, ma anche per proiettarle al futuro”.
Una figura di riferimento per i giovani
Da ogni singola inquadratura traspare la passione e le emozioni di tutte le persone che hanno lavorato a questo film, perché anche i giovani potessero conoscere la grandezza e allo stesso tempo la semplicità di Verdi, le sue capacità e soprattutto la sua forza di volontà. “Forse, la cosa che più comunica il film – ha raccontato ancora l’attore – è la fatica di come lui sia riuscito ad arrivare dove è arrivato, quindi anche le delusioni, come per esempio la non ammissione al Conservatorio di Milano, che ora curiosamente porta il suo nome. Pensi sempre che Verdi sia nato Verdi, ma non è così, ci è arrivato, ha compiuto un percorso, è riuscito a vincere le resistenze e i dubbi delle persone. E, quindi, quando hai un’aspirazione creativa, artistica, devi avere quella costanza che Verdi ha avuto. Questo è importante, perché la gioventù, oggi, è molto sola nelle sue scelte ed è condizionata da un clima di sfiducia generale e di negatività degli adulti. E secondo me vedere che le difficoltà fanno parte del percorso, ma che se si insiste si riesce a vincerle, è un modo di affrontare la vita”.