Ieri il dossier Gaza ha registrato una rara, fragile convergenza diplomatica: dopo il via libera di Benjamin Netanyahu, anche l’Autorità Nazionale Palestinese ha accolto “gli sforzi sinceri e determinati” del presidente Donald Trump per un piano di cessate il fuoco. Restano nodi enormi — a partire dal rifiuto israeliano di uno Stato palestinese — e la risposta di Hamas è attesa entro pochi giorni. Dalle ricostruzioni trapela un impianto in più fasi: liberazione di tutti gli ostaggi, permanenza dell’IDF in gran parte della Striscia nella fase di transizione, disarmo progressivo di Hamas e varo di una forma di governo tecnico con un supporto internazionale (tra i nomi citati nelle discussioni, Tony Blair). Netanyahu ha ribadito che nel pacchetto “non è scritto” il riconoscimento dello Stato di Palestina e che Israele “si opporrà con forza” a quella prospettiva, posizione che il tycoon avrebbe “compreso”. Infine, la tenuta del piano Trump dipende da tre incastri: 1) risposta formale di Hamas su ostaggi e disarmo; 2) garanzie operative sul ruolo dell’IDF e sugli aiuti umanitari; 3) un ombrello politico ampio (Onu-Ue-partner arabi) che eviti il collasso al primo incidente — a partire dalla Flotilla, banco di prova immediato. Se ieri è stato il giorno delle aperture prudenti, domani il dossier si misurerà con la realtà del mare e con la matematica dei dettagli: dove spesso, in Medio Oriente, naufragano le grandi intese.
Le reazioni
L’inviato speciale Usa Steve Witkoff si è detto “molto ottimista” grazie al sostegno arabo ed europeo e ha annunciato colloqui con Qatar ed Egitto; secondo ricostruzioni israeliane, potrebbe lasciare l’incarico entro fine 2025, soprattutto se un accordo prenderà forma. Il segretario generale Antonio Guterres ha sollecitato “tutte le parti ad accettare e attuare” l’intesa. Da Bruxelles, Ursula von der Leyen ha parlato di “opportunità da cogliere” e disponibilità Ue a contribuire; la presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola ha elencato i benefici attesi: stop alle armi, ritorno degli ostaggi, più aiuti e nessun ruolo futuro per Hamas nella governance di Gaza. Londra si è schierata con Keir Starmer: “Benvenuta l’iniziativa Usa, collaboriamo per chiudere l’accordo”. Pechino ha salutato ogni sforzo che allenti le tensioni, ribadendo la soluzione a due Stati. Teheran attende la valutazione di Hamas prima di esprimersi.
Hamas prende tempo
Fonti interne del movimento a Reuters bollandono la proposta come “sbilanciata a favore di Israele” e “impraticabile” sul disarmo. Sul fronte israeliano, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha definito “assurda” la celebrazione del piano e accusa Netanyahu di mancanza di visione. Dal Cremlino, Dmitry Peskov ha detto che Mosca “sostiene e auspica” l’attuazione dell’iniziativa.
Flotilla: primo alert a 180 miglia
Sul mare sale la tensione. La Global Sumud Flotilla è stata segnalata ieri a circa 180 miglia da Gaza. Il ministro italiano degli Esteri Antonio Tajani ha detto di aver chiesto a Israele che “non venga usata violenza” e ha ribadito i rischi di forzare il blocco, prospettando canali alternativi per gli aiuti. Diciannove membri del Congresso Usa (tra cui Tlaib, Ocasio-Cortez e Omar) hanno scritto alla Casa Bianca perché “faccia tutto il possibile” per proteggere i civili a bordo. Ankara si è detta pronta, “se necessario”, a soccorso e assistenza umanitaria in coordinamento internazionale. Israele afferma di avere documenti che provano legami tra Hamas e la Flotilla (citata la Pcpa, braccio estero designato da Israele come terroristico); la portavoce italiana Maria Elena Delia respinge: “Propaganda, non prove; consegnate gli atti a organismi indipendenti”.
Il fronte nord e il Mar Rosso
Nel frattempo, l’Idf ha rivendicato raid in Libano con l’uccisione di due figure di spicco di Hezbollah. Nel Golfo di Aden, un missile Houthi ha colpito la cargo Minervagracht (bandiera olandese): due feriti, nave in fiamme “alla deriva” secondo Operazione Aspides.