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Netanyahu da Trump, accordo “molto vicino”. Flottiglia verso Gaza mercoledì

Crosetto avverte le imbarcazioni: "Rischi elevatissimi". Gli Emirati premono sul premier israeliano: accetti il piano Usa.
martedì, 30 Settembre 2025
2 minuti di lettura

La giornata di ieri, 29 settembre, si è chiusa con un segnale di cauto ottimismo da Washington: la Casa Bianca ha fatto sapere che Israele e Hamas sarebbero “molto vicini a un accordo quadro” per il cessate il fuoco e la fase post-bellica a Gaza. Oggi Donald Trump ha in agenda un faccia a faccia con Benjamin Netanyahu, affiancato dal ministro israeliano per gli Affari strategici Ron Dermer, per discutere il piano in 21 punti che dovrebbe definire tregua, rilascio degli ostaggi e governance futura della Striscia. Secondo fonti vicine al premier, gli americani hanno introdotto “cambiamenti sensibili” per rendere la proposta più realistica per Israele, pur restando nodi irrisolti: Hamas non accetterebbe un disarmo totale, né la liberazione simultanea di tutti gli ostaggi senza garanzie assolute sulla fine della guerra. A spingere Netanyahu verso l’intesa sono soprattutto gli Emirati Arabi Uniti, che chiedono al premier di accettare il piano Usa e abbandonare qualsiasi ipotesi di annessione della Cisgiordania, considerata un ostacolo alla normalizzazione con Arabia Saudita e Indonesia. Il ministro degli Esteri Abdullah bin Zayed avrebbe parlato di un pacchetto di “vantaggi significativi per tutti”. Dentro Israele, però, lo scenario resta diviso. L’oppositore Benny Gantz definisce la cornice proposta da Trump “un’enorme opportunità”, purché priorità resti il ritorno degli ostaggi e la libertà d’azione in materia di sicurezza. Dall’estrema destra arrivano richieste durissime: smilitarizzazione completa di Gaza, controllo permanente delle Idf e nessun ruolo per l’Autorità Palestinese, né tantomeno riferimenti a uno Stato palestinese. Sullo sfondo, il presidente Isaac Herzog ha fatto trapelare la possibilità di concedere — se richiesto — la grazia a Netanyahu nel processo per corruzione, “nell’interesse dello Stato”.

Mediazione con Hamas

Dal fronte palestinese arrivano cautele e scetticismo. Una fonte vicina a Hamas, citata da Ynet, definisce il piano “vago e inaffidabile”, chiedendo chiarezza su tempi e sequenze di ritiro e cessate il fuoco. Un dirigente del movimento, Taher al-Nunu, ha ribadito ad Al-Araby che Hamas “non ha partecipato a negoziati diretti o indiretti” sul piano Usa, di cui sarebbe venuto a conoscenza solo attraverso la stampa. Il gruppo, tuttavia, si dice disposto a liberare gli ostaggi nell’ambito di un accordo complessivo che preveda fine della guerra e ritiro israeliano.Secondo il Jerusalem Post, il Qatar avrebbe assicurato a Trump di poter convincere Hamas ad accettare un’intesa che includa la smilitarizzazione, confermando il ruolo cruciale di Doha nella mediazione. Israele, però, prova a ridimensionarne l’influenza.

Contesto regionale

Intanto, la regione continua a vivere giorni di forte tensione. Gli Houthi yemeniti hanno rivendicato il lancio di un missile balistico “ipersonico” verso Tel Aviv e due droni diretti a Eilat, che secondo l’esercito israeliano sarebbero stati intercettati senza vittime. L’Unione europea ha ripristinato le sanzioni legate al dossier nucleare iraniano, mentre la Spagna ha vietato il transito nelle basi di Rota e Morón di mezzi Usa con armi destinate a Israele. Sul terreno, secondo Al Jazeera e Wafa, almeno 17 persone sono state uccise ieri nella Striscia, soprattutto a Gaza City. In Cisgiordania l’Idf ha arrestato 15 palestinesi tra Hebron, Betlemme, Ramallah ed el-Bireh.

La sfida della Flottilia

Mercoledì 1 ottobre dovrebbe salpare la flottiglia di aiuti diretta a Gaza, con arrivo previsto il giorno successivo. Il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha parlato di “rischi elevatissimi”, mentre il vicepremier Antonio Tajani ha ribadito di aver chiesto a Israele garanzie per la sicurezza degli italiani e ha invitato le imbarcazioni a non forzare il blocco navale: “La nostra Marina non può accompagnarle”. Anche la Santa Sede ha espresso preoccupazione. Monsignor Paul Richard Gallagher, intervenuto all’Assemblea Generale Onu, ha ribadito la necessità di una soluzione a due Stati e ha definito “moralmente e legalmente inaccettabili” le azioni unilaterali che alterino lo status di Gerusalemme.

Diplomazia e piazze

Le trattative sono accompagnate da mobilitazioni civili. Giovedì 2 ottobre, la rete #DigiunoGaza organizzerà in Italia il flash mob “Luci sulla Palestina — 100 ospedali per Gaza”, con torce e candele davanti a presidi sanitari per ricordare vittime e operatori sotto i bombardamenti. Mentre Netanyahu e Trump provano a cucire un’intesa che resta appesa a condizioni, veti e mediazioni difficili, la realtà sul terreno — tra raid, missili e pressioni internazionali — ricorda quanto fragile sia ancora la prospettiva di una tregua “molto vicina”, ma non ancora garantita.

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