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Contrattazione integrativa nella PA: cresce la partecipazione, ma resta forte la frammentazione territoriale

giovedì, 25 Settembre 2025
1 minuto di lettura

In un momento storico in cui il rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro – come quello degli enti locali – è ancora al centro di polemiche e ritardi, l’Aran ha pubblicato il suo ultimo Rapporto sulla contrattazione integrativa nella Pubblica Amministrazione. Il documento, previsto dal decreto legislativo 165/2001, offre una fotografia dettagliata dell’attività negoziale decentrata, utile a misurare lo stato di salute delle relazioni sindacali e l’efficacia dell’organizzazione pubblica. Il dato più rilevante è l’aumento del 7% delle intese sottoscritte rispetto al 2023, con un’impennata significativa nei comparti delle Funzioni Locali e dell’Istruzione e Ricerca, entrambi in crescita del 10%. Più del 72% delle sedi di contrattazione ha trasmesso almeno un accordo: un record che testimonia una partecipazione ampia e diffusa, in netta controtendenza rispetto alla narrazione di una PA immobile e burocratizzata.

Eppure, non mancano le ombre. La contrattazione è sì più viva, ma anche più frammentata: molte amministrazioni inviano più contratti all’anno, spezzettando le trattative per singole categorie o materie. È il caso emblematico del comparto Sanità, dove il 78% degli enti ha trasmesso due o più accordi nel 2024, e delle Università, che registrano un tasso simile (77%). La moltiplicazione degli atti rischia però di generare confusione normativa e disomogeneità gestionale, con evidenti ricadute sull’efficienza dei servizi. Dal punto di vista contenutistico, oltre la metà degli accordi è di natura economica (51%), ma cresce l’attenzione per la parte normativa (44%). Le rappresentanze sindacali unitarie risultano firmatarie nel 92% dei casi: un segnale positivo di dialogo e condivisione. Tuttavia, resta il problema degli sconfinamenti contrattuali su materie non negoziabili per legge, come mobilità, progressioni o attribuzioni di incarichi.

Sotto il profilo politico, emerge il ruolo ancora forte della dirigenza pubblica nelle trattative (85% dei casi), ma anche una partecipazione rilevante di figure politiche, soprattutto in Università ed enti di ricerca.

Se da un lato il Rapporto Aran segnala un dinamismo incoraggiante nella contrattazione, dall’altro impone una riflessione seria sulla qualità degli accordi, sulla coerenza normativa e sulla necessità di maggiore uniformità territoriale. La sfida, oggi, è restituire centralità e autorevolezza alla contrattazione collettiva, senza trasformarla in un mosaico caotico di micro-intese locali. Un sistema pubblico moderno ha bisogno di regole certe e condivise, non di mille eccezioni.

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