Ieri a New York si è aperta l’80ª Assemblea generale dell’Onu con la questione palestinese al centro. Nel giro di poche ore, Regno Unito, Australia, Canada e Portogallo hanno ufficializzato il riconoscimento dello Stato di Palestina; per oggi sono attese le mosse di Francia, Belgio, Lussemburgo e Malta in un vertice ad hoc copresieduto da Parigi e Riad. In parallelo, la Cina ha invocato un cessate il fuoco globale. Sullo sfondo restano i veti di Stati Uniti e Israele e l’opposizione di parte dell’Europa occidentale, Italia e Germania in testa. Il punto di partenza è la risoluzione 67/19 del 29 novembre 2012, che ha conferito alla Palestina lo status di “Stato osservatore non membro”. Da allora, oltre tre quarti dei Paesi Onu hanno scelto il riconoscimento bilaterale: più di 145 Stati, con ondate successive dopo la proclamazione del 1988 e un nuovo impulso tra il 2010 e il 2011. La guerra a Gaza ha ribaltato ulteriori resistenze: dopo Svezia (2014), sono arrivate nel 2024 Norvegia, Spagna, Irlanda e Slovenia; ora anche capitali tradizionalmente allineate a Washington convergono sulla soluzione dei due Stati.Resta però un fronte del “no”: almeno 46 Paesi — tra cui Usa, Israele, Giappone, Corea del Sud, Singapore e la maggior parte dell’Oceania — non riconoscono uno Stato palestinese. In Europa, Roma e Berlino ribadiscono che il riconoscimento deve essere l’esito di negoziati. «Sosterremo il futuro Stato palestinese quando sarà costituito, con la riunificazione di Gaza e Cisgiordania e libero da Hamas», ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani, richiamando la dichiarazione approvata dall’Assemblea il 12 settembre. Dalla Germania, il titolare della Farnesina di Berlino ha ripetuto che il riconoscimento «arriva alla fine del processo», che però «deve iniziare ora». Diversa l’impostazione danese: Copenaghen ha annunciato un “cambio di posizione” per non subordinare più la scelta al consenso di Israele, indicando criteri imminenti per il sì. Dal Palazzo di Vetro, la diplomazia si muove quindi tra aperture e strappi. Una risoluzione approvata il 19 settembre consente all’Autorità nazionale palestinese di intervenire da remoto dopo il mancato rilascio dei visti da parte degli Usa: Mahmoud Abbas parlerà con un messaggio preregistrato. L’ambasciatore palestinese Riyad Mansour chiede che «al riconoscimento seguano sanzioni» per fermare l’escalation israeliana. In agenda oggi il vertice franco-saudita sulla road map dei due Stati, con interventi di Macron, Mohammed bin Salman e del segretario generale Guterres.
Sciopero generale in tutta Italia
Intanto, la mobilitazione filopalestinese attraversa l’Italia. Lo sciopero generale proclamato dai sindacati di base coinvolge trasporti (Fs, Italo, Trenord e Tpl con fasce di garanzia), porti, scuole e servizi pubblici; a Roma corteo da piazza dei Cinquecento. L’Unione Sindacale di Base parla di «valanga di adesioni» e chiede la rottura delle relazioni con Israele. Medici per i Diritti Umani pubblica in italiano l’appello della ong israeliana PHR-Israel per un cessate il fuoco immediato, corridoi umanitari tra Gaza e Cisgiordania e ricostruzione del sistema sanitario, con esclusione di meccanismi di aiuto militarizzati. Parallelamente il Vaticano mantiene un profilo pastorale: Papa Leone XIV ringrazia le Carmelitane Scalze di Terra Santa per la «presenza vigile in luoghi dilaniati dall’odio» e invia al rabbino Riccardo Di Segni gli auguri per Rosh Ha-Shanah, Yom Kippur e Sukkot: «Dio ci conceda il dono della pace. Shalom Alechem». Sullo sfondo, la diplomazia turca si prepara a un faccia a faccia tra Recep Tayyip Erdoğan e Donald Trump il 25 settembre a Washington, con dossier Palestina e Siria in cima all’agenda.
USA: “puramente simbolico”
L’amministrazione statunitense bolla la pioggia di riconoscimenti come «puramente simbolica», rivendicando una «diplomazia seria» focalizzata su ostaggi, sicurezza di Israele e stabilità regionale «possibile solo senza Hamas». Sul versante israeliano, il premier Benjamin Netanyahu ribadisce la linea dura: «Raggiungeremo tutti gli obiettivi della guerra», mentre l’ultradestra rilancia l’annessione della Cisgiordania. A sinistra e nella società civile il fronte opposto si allarga: in Francia 21 comuni hanno esposto la bandiera palestinese in vista dell’annuncio di Emmanuel Macron, che alla CBS ha definito il riconoscimento «l’unico modo per sbloccare un processo politico»; l’opposizione lepenista lo giudica «un errore gravissimo».
Sul campo
Sul terreno, la guerra continua a dettare il ritmo. Secondo fonti ospedaliere citate da Al Jazeera, ieri gli attacchi israeliani hanno ucciso almeno 55 persone nella Striscia (37 a Gaza City). L’Idf afferma che «oltre 550mila civili» hanno lasciato Gaza City verso sud e annuncia l’uccisione in raid del vicecomandante della polizia navale di Hamas. Tensione anche sul fronte nord: Beirut condanna l’uccisione di un padre e tre figli in un attacco nel sud del Libano; l’esercito israeliano parla di indagine in corso e conferma che il motociclista colpito era un membro di Hezbollah. In Cisgiordania riapre al traffico il valico di Allenby, ma non ancora per gli aiuti, in attesa dell’esito dell’inchiesta giordana sull’attentato di quattro giorni fa.