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Bombe su Gaza, Yemen e Qatar: Netanyahu chiude la porta allo Stato palestinese

Houthi: sale a 46 il bilancio dei morti, Onu condanna l'attacco. Il premier qatarino incontrerà Trump. Flotilla partenza rimandata
sabato, 13 Settembre 2025
3 minuti di lettura

La giornata di ieri è stata segnata da una nuova ondata di bombardamenti israeliani su Gaza, nello Yemen e perfino sul territorio del Qatar, con conseguenze pesanti sul piano umanitario e diplomatico. Mentre il premier Benjamin Netanyahu ribadiva che “non ci sarà mai uno Stato palestinese”, il bilancio delle vittime tra i ribelli Houthi nello Yemen saliva a 46 morti. Intanto, all’Onu esplodeva lo scontro tra Israele e Qatar, con accuse reciproche e prese di posizione destinate a incrinare ulteriormente il fragile equilibrio regionale. Secondo l’agenzia palestinese Wafa, almeno 36 persone sono state uccise ieri nei raid israeliani sulla Striscia di Gaza. Tra le vittime, 14 membri di una stessa famiglia colpiti in un’abitazione nella zona di Al-Tuwam, a nord di Gaza City. Una nuova strage che si aggiunge a quasi due anni di guerra ininterrotta, cominciata con l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Sul fronte diplomatico, l’Assemblea generale dell’Onu si prepara a votare la cosiddetta “Dichiarazione di New York”, presentata da Francia e Arabia Saudita. Il testo, già sostenuto da 17 Stati membri, riafferma la necessità di una soluzione a due Stati, esclude Hamas dalla leadership di Gaza e chiede che l’organizzazione consegni le armi all’Autorità Nazionale Palestinese. Un documento che potrebbe rilanciare il dibattito internazionale sulla creazione di uno Stato palestinese, proprio mentre Netanyahu nega ogni prospettiva in tal senso. Sul fronte della solidarietà internazionale, intanto, la partenza della Global Sumud Flotilla da Augusta è stata rinviata a oggi per motivi tecnici: 18 barche italiane porteranno aiuti a Gaza, ricongiungendosi in mare con le imbarcazioni partite da Grecia e Tunisia.

Qatar e crisi diplomatica

L’episodio più grave delle ultime ore resta il bombardamento israeliano a Doha contro i leader di Hamas rifugiati in Qatar. Una decisione, secondo i media israeliani, presa da Netanyahu contro il parere unanime dei vertici della sicurezza, che lo avevano avvertito delle possibili conseguenze sui negoziati per il rilascio degli ostaggi. I colloqui, infatti, risultano ora sospesi. All’Onu, la condanna è arrivata persino dal Consiglio di Sicurezza, che ha espresso “sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale del Qatar”. Israele, per bocca del suo ambasciatore Danny Danon, ha replicato accusando Doha di “ospitare terroristi in hotel di lusso” e paragonando i leader di Hamas al “marchio di Caino” biblico. Ma il ministro degli Esteri qatariota, Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, ha ribattuto accusando Israele di essere guidato da “estremisti assetati di sangue” e di aver “superato ogni limite”. Gli Emirati Arabi Uniti hanno convocato l’ambasciatore israeliano ad Abu Dhabi per protestare contro i raid a Doha, definendoli “inaccettabili” e allineandosi alla posizione del Qatar. Gli Stati Uniti hanno tentato una mediazione, definendo l’attacco un’“opportunità di pace” e ribadendo che l’eliminazione di Hamas resta un obiettivo legittimo. Tuttavia, fonti citate da Politico rivelano una crescente frustrazione di Donald Trump nei confronti di Netanyahu: “Ogni volta che si fa un passo avanti nei negoziati, Israele bombarda qualcuno”, ha confidato un funzionario americano.

Trump incontra premier del Qatar

Nelle prossime ore il presidente americano incontrerà il premier qatariota a Washington, insieme al segretario di Stato Marco Rubio e al vicepresidente JD Vance. Trump ha dichiarato di sperare che i raid non abbiano definitivamente compromesso l’accordo sugli ostaggi: “Vogliamo che siano liberati presto”, ha detto alla stampa. Ma la sensazione, secondo diversi analisti, è che i margini di mediazione siano ormai ridottissimi. In questo contesto, Netanyahu ha voluto celebrare l’amicizia con Trump intitolandogli un tratto del lungomare di Bat Yam, vicino Tel Aviv. “Trump è stato il migliore amico che Israele abbia mai avuto alla Casa Bianca”, ha dichiarato, ricordando il trasferimento dell’ambasciata a Gerusalemme, il riconoscimento delle alture del Golan e la linea dura contro l’Iran. Un gesto simbolico che, però, arriva nel momento di massimo attrito tra i due leader.

Yemen, bilancio drammatico

Intanto nello Yemen la controffensiva israeliana contro i ribelli Houthi, che negli ultimi mesi hanno intensificato gli attacchi contro Israele e contro navi mercantili nel Mar Rosso, ha causato almeno 46 morti e 165 feriti tra mercoledì e giovedì. I bombardamenti hanno colpito Sanaa e la provincia di Jawf, prendendo di mira porti, centrali elettriche e l’aeroporto della capitale. Il ministero della Sanità Houthi ha parlato di “un bilancio provvisorio, destinato a crescere”.

Tensioni regionali

Il conflitto rischia di allargarsi ulteriormente. Ieri mattina media libanesi hanno riferito di due attacchi israeliani nel sud del Libano: un drone ha colpito un’auto ad Aita al-Jabal, mentre truppe israeliane hanno demolito una casa a Mays al-Jabal. Sullo sfondo, la crisi con l’Iran: il ministro degli Esteri Abbas Araghchi ha annunciato che la cooperazione con l’Aiea “non potrà essere come prima”, dopo gli attacchi contro i siti nucleari iraniani.

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