Un annuncio che riaccende il sogno dell’umanità di non essere sola nell’universo. La NASA ha comunicato la scoperta di “potenziali biofirme” su Marte, ovvero tracce chimiche compatibili con processi biologici, rilevate dal rover Perseverance nel cratere Jezero. Si tratta di una delle evidenze più promettenti mai raccolte sulla possibilità che il Pianeta Rosso abbia ospitato forme di vita microbica miliardi di anni fa. La scoperta è stata pubblicata sulla rivista Nature da un team internazionale di ricerca, che include anche l’Istituto Nazionale di Astrofisica. I campioni analizzati provengono dalla formazione rocciosa “Bright Angel”, situata nella valle fluviale Neretva Vallis. Le analisi hanno evidenziato la presenza di carbonio organico, fosfato di ferro e solfuro di ferro: composti che, sulla Terra, sono spesso associati all’attività di microrganismi. “Queste strutture chimiche sfidano il ricercatore a distinguere tra processi biologici e inanimati”, ha dichiarato Joel A. Hurowitz, primo autore dello studio. “Serviranno ulteriori dati per giungere a conclusioni definitive”. Il rover Perseverance, attivo su Marte dal 2021, non è in grado di rilevare direttamente la vita, ma raccoglie e conserva campioni che potrebbero essere riportati sulla Terra. Tuttavia, il programma di rientro è stato rinviato agli anni 2040 a causa di tagli al budget e costi stimati oltre gli 11 miliardi di dollari. L’amministratore ad interim della NASA, Sean Duffy, ha confermato che si sta valutando un piano alternativo per accelerare il ritorno dei campioni. “Potremmo farlo in modo più economico e veloce”, ha dichiarato durante la conferenza stampa. La scoperta non è la prova definitiva di vita extraterrestre, ma rappresenta un passo cruciale nell’astrobiologia. E mentre la scienza continua a perforare le rocce marziane, l’umanità guarda al cielo con rinnovata speranza.