Il futuro dell’esplorazione lunare non si gioca più solo tra razzi e orbite, ma anche tra ruote e cingoli. Con l’avanzare del programma Artemis, la NASA ha assegnato nove nuovi contratti per lo sviluppo di sistemi di trasporto terrestre sulla Luna, dando il via a una competizione serrata tra aziende aerospaziali e tecnologiche di punta. L’obiettivo è chiaro: creare veicoli autonomi e infrastrutture logistiche capaci di muoversi sul suolo lunare, trasportare carichi, supportare gli astronauti e garantire la sopravvivenza delle missioni. In palio ci sono 24 milioni di dollari in finanziamenti preliminari, ma soprattutto un posto nella storia dell’esplorazione spaziale. Tra i protagonisti spiccano nomi come Blue Origin, Leidos, Lockheed Martin e Sierra Space, ciascuno con proposte che spaziano dalla mobilità robotica alla gestione dei rifiuti, dalla tracciabilità delle risorse alla logistica integrata. Anche l’Europa entra in gioco con Thales Alenia Space, che ha firmato un contratto da 854 milioni di euro con l’ESA per sviluppare il lander Argonaut, destinato al trasporto di carichi e rover sulla superficie lunare. La sfida non è solo tecnologica, ma anche strategica. I veicoli lunari dovranno operare in ambienti estremi, con temperature che oscillano tra i -170°C e i +120°C, su terreni polverosi e irregolari, senza possibilità di intervento diretto. L’autonomia, la resilienza e la versatilità sono le parole d’ordine. Secondo la NASA, questi contratti rappresentano un passo decisivo verso una presenza sostenibile sulla Luna. Ma per le aziende coinvolte, è anche una vetrina per dimostrare il proprio valore in un mercato spaziale in rapida espansione. La Luna, insomma, non è più solo un obiettivo scientifico: è diventata un terreno di conquista industriale.
