Una scossa di terremoto di magnitudo 6.0 ha colpito nella notte l’Afghanistan orientale, seminando distruzione e morte. L’epicentro è stato localizzato a circa 27 chilometri da Jalalabad, nella provincia di Nangarhar, al confine con il Pakistan. Il sisma, avvenuto alle 23:47 ora locale, ha avuto una profondità di appena 8 chilometri, rendendolo particolarmente devastante per le strutture già fragili della regione. Il bilancio provvisorio è drammatico: almeno 622 morti e oltre 1.500 feriti, secondo quanto riferito dal Ministero dell’Interno afghano. Le province più colpite sono Kunar e Nangarhar, dove interi villaggi sono stati rasi al suolo. Le operazioni di soccorso sono ostacolate da frane e infrastrutture compromesse, mentre le autorità locali e le organizzazioni umanitarie si affrettano a raggiungere le zone isolate. Il portavoce del Ministero della Salute, Sharafat Zaman, ha dichiarato che “diversi villaggi sono stati completamente distrutti” e che il numero delle vittime potrebbe aumentare con l’arrivo delle squadre di emergenza. Le scosse di assestamento, alcune di magnitudo superiore a 5.0, continuano a minacciare la sicurezza dei soccorritori e dei superstiti. L’Afghanistan è storicamente vulnerabile ai terremoti, soprattutto nella regione dell’Hindu Kush, dove le placche tettoniche indiana ed euroasiatica si scontrano con violenza. La tragedia di oggi riporta alla memoria i sismi del 2023 e del 2024, che causarono migliaia di vittime. Ancora una volta, la popolazione afghana si ritrova a fare i conti con una catastrofe naturale in un contesto già segnato da instabilità politica e carenze infrastrutturali. Mentre il mondo osserva, l’Afghanistan chiede aiuto. E il tempo, in queste ore, è il nemico più spietato.
