Kiev e Mosca tornano a incrociare le armi anche sul piano politico e diplomatico. Ieri il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybiha ha respinto con durezza le affermazioni di Sergei Lavrov, che aveva messo in dubbio la legittimità del presidente Volodymyr Zelensky a firmare un eventuale accordo di pace. “Non c’è nulla di più assurdo di una lezione sulla legittimità da parte di un uomo rimasto al suo posto per 21 anni, servendo chi governa da oltre 25”, ha replicato Sybiha, definendo le parole del capo della diplomazia russa la dimostrazione che “Mosca rifiuta gli sforzi di pace”. Sybiha ha colto l’occasione per ribadire i legami con gli alleati europei, accogliendo a Kiev il premier norvegese Jonas Gahr Støre. Nel frattempo non si spegne la tensione con Budapest: dopo l’attacco ucraino all’oleodotto russo Druzhba, che rifornisce anche Ungheria e Slovacchia, Zelensky aveva avvertito che la sua esistenza dipendeva dalla “posizione ungherese”. Da Budapest il ministro Péter Szijjártó aveva accusato Kiev di minacciare la sovranità del Paese, ricevendo una risposta tagliente da Sybiha: “Non serve dire al presidente ucraino cosa fare. La vostra sicurezza energetica è nelle vostre mani: diversificatevi e diventate indipendenti da Mosca”. Parallelamente durante una conferenza stampa con il premier norvegese, Zelensky ha annunciato che entro la settimana discuterà con l’inviato statunitense Keith Kellogg i preparativi per un possibile bilaterale con Vladimir Putin. I colloqui dovrebbero includere anche le garanzie di sicurezza. Parallelamente, il presidente ucraino ha chiesto agli alleati almeno un miliardo di dollari al mese per finanziare acquisti di armamenti americani. Ma sul nodo delle “concessioni”, Zelensky resta scettico: “Non ritengo che le dichiarazioni russe, secondo cui sarebbero pronti a non invadere ulteriormente, siano concessioni. Non lo è neppure lasciarci i territori che non controllano”.
Raid russi
Intanto la guerra non si ferma. Nella notte le forze russe hanno lanciato 104 droni, di cui 76 intercettati dalla difesa aerea di Kiev. Detriti sono caduti in diverse località, mentre attacchi diretti hanno colpito 15 centri abitati. Nelle ultime 24 ore bombardamenti russi hanno causato almeno due morti e 14 feriti nelle regioni di Sumy e Kharkiv. Dal fronte opposto, Mosca denuncia vittime negli attacchi ucraini sulla regione occupata di Kherson: un morto e due feriti secondo le autorità filorusse.
Ucciso il volontario italiano Luca Cecca
Il conflitto registra un’altra vittima italiana. È stato confermato il decesso di Luca Cecca, 34 anni, volontario partito da Roma per combattere a fianco dell’esercito ucraino. Era disperso dal dicembre 2024. La notizia è stata diffusa dal profilo “Memorial international volunteer for Ukraine”. Cecca è il nono italiano a cadere in Ucraina dall’inizio della guerra. Insieme a lui sono stati commemorati un colombiano e un francese.
Washington: sanzioni non escluse
Il vicepresidente americano JD Vance ha dichiarato che la Russia ha mostrato “concessioni significative” nei colloqui con Trump, ma non ha escluso ulteriori sanzioni. “Non sono fuori discussione, saranno valutate caso per caso”, ha detto alla Nbc. Intanto il quotidiano Guardian rivela che Vance avrebbe tentato di sondare l’ex comandante dell’esercito ucraino Valerii Zaluzhnyi come possibile alternativa a Zelensky, senza ricevere risposta.
L’Europa e il sostegno a Kiev
Da Kiev il ministro delle Finanze tedesco Lars Klingbeil ha ribadito l’impegno di Berlino: “Putin non deve illudersi, il sostegno tedesco non vacillerà. Restiamo il secondo maggiore donatore, il primo in Europa”. Anche il presidente finlandese Alexander Stubb ha sottolineato che qualsiasi normalizzazione con Mosca dipenderà da “una pace giusta e duratura in Ucraina”.
Cina: “Nessun peacekeeper in Ucraina”
Pechino ha smentito con decisione le indiscrezioni pubblicate dal quotidiano tedesco Die Welt circa un possibile invio di forze di pace in Ucraina. “Resoconti infondati”, ha chiarito il portavoce del ministero degli Esteri Guo Jiakun.
Baltico, tre a processo per i cavi recisi
A Helsinki si è aperto il processo contro il capitano e due ufficiali della petroliera Eagle S, accusati di aver reciso cinque cavi sottomarini tra Finlandia ed Estonia nel 2024, causando danni per 60 milioni di euro. Gli imputati parlano di “incidente marittimo”, ma la procura contesta “danneggiamento aggravato” e “interferenza con le telecomunicazioni”. L’episodio aveva fatto scattare l’allerta Nato nel Baltico, già teatro di sabotaggi come quello ai gasdotti Nord Stream.