È salito a 20 il bilancio delle vittime dell’attacco condotto questa mattina dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) contro l’ospedale Nasser di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza. Lo ha reso noto il ministero della Salute gestito da Hamas, confermando che tra i morti figurano quattro giornalisti palestinesi. Secondo le prime ricostruzioni, l’azione militare non sarebbe stata un raid aereo, ma un’operazione di terra. Testimoni hanno riferito che un secondo colpo è arrivato poco dopo il primo, mentre squadre di soccorso e reporter si erano radunati nell’area. Tra le vittime il cameraman Hussam al-Masri, collaboratore dell’agenzia palestinese Wafa, e Mohammed Salama, fotoreporter e cameraman di Al Jazeera. Con loro sono stati uccisi Mariam Abu Dagga, che lavorava per diversi media internazionali, e Moaz Abu Taha, giornalista per NBC.
L’IDF, in un comunicato, ha confermato l’operazione a Khan Younis e annunciato l’apertura di un’indagine interna ordinata dal capo di Stato maggiore, Eyal Zamir. “Deploriamo qualsiasi danno a civili non coinvolti e non dirigiamo mai attacchi contro giornalisti” si legge nella nota, in cui l’esercito ribadisce di operare “per ridurre al minimo i rischi, pur garantendo la sicurezza delle nostre truppe”.
Sterminio di un popolo
La notizia ha immediatamente suscitato dure reazioni. Sandro Ruotolo, responsabile informazione del Partito democratico ed europarlamentare, ha denunciato “lo sterminio di un popolo”, chiedendo una commissione d’inchiesta indipendente sugli omicidi dei giornalisti e la protezione internazionale per chi documenta il conflitto. “Con i quattro di oggi siamo a 275 reporter uccisi a Gaza dall’inizio della guerra” ha aggiunto.
Intanto cresce la pressione internazionale su Israele, mentre si moltiplicano gli appelli per un cessate il fuoco. La strage di Khan Younis arriva nel giorno in cui la comunità internazionale ricorda la necessità di tutelare la libertà di stampa e il lavoro degli operatori dell’informazione nei teatri di guerra.