La guerra in Medio Oriente si espande e diventa sempre più complessa. Ieri l’aeronautica israeliana ha colpito diversi obiettivi nella capitale yemenita Sana’a, controllata dai ribelli Houthi sostenuti dall’Iran. Secondo la televisione Al-Massirah, vicina agli insorti, il bilancio preliminare è di due morti e cinque feriti. L’Idf ha confermato di aver centrato “infrastrutture militari del regime terroristico Houthi”, tra cui una base situata nel palazzo presidenziale, due centrali elettriche e un deposito di carburante. Il raid sarebbe la risposta all’attacco di venerdì, quando gli Houthi hanno lanciato verso Israele un missile con testata a grappolo, per la prima volta dall’inizio del conflitto. L’ordigno è caduto nel cortile di una casa a Ginaton, senza provocare vittime ma sollevando nuove preoccupazioni. Intanto la Striscia di Gaza continua a pagare il prezzo più alto. Secondo il ministero della Salute locale, dall’alba di ieri almeno 50 palestinesi sono stati uccisi nei raid israeliani, tra cui nove bambini. Nelle ultime 24 ore il bilancio complessivo sale a 64 vittime. Dall’inizio della guerra, le autorità sanitarie parlano di oltre 62.600 morti e quasi 158mila feriti. Le operazioni di terra dell’Idf si sono spinte nei sobborghi di Sabra, alla periferia di Gaza City, dove i carri armati stanno avanzando in vista di una possibile offensiva su larga scala prevista per settembre. Decine di migliaia di riservisti sono stati richiamati e dovranno presentarsi entro il 2 settembre. La popolazione civile è allo stremo: almeno 289 persone sarebbero morte di fame dall’inizio del conflitto, inclusi 115 bambini, mentre l’Onu stima che oltre 300mila minori soffrano di malnutrizione. Il capo dell’Unrwa Philippe Lazzarini ha denunciato che “Israele deve smettere di negare la carestia che ha creato a Gaza: ogni ora conta”.
Gli ostaggi e la crisi politica in Israele
In Israele la questione degli ostaggi continua a scuotere la politica e l’opinione pubblica. Il presidente americano Donald Trump, in un’uscita che ha fatto discutere, ha messo in dubbio i dati ufficiali forniti da Tel Aviv: “Dicono che ci siano 20 ostaggi vivi, ma forse qualcuno non c’è più”, ha dichiarato dalla Casa Bianca. Le parole del presidente Usa hanno indignato le famiglie, che parlano di almeno 50 ostaggi ancora in mano ad Hamas. “Ognuno di loro rappresenta un mondo intero – hanno replicato – e se il governo ha altre informazioni, deve comunicarle prima alle famiglie”. Il coordinatore israeliano per gli ostaggi, Gal Hirsh, ha cercato di rassicurare, confermando che 20 rapiti sono ancora vivi, di cui due in condizioni critiche. Ma l’impressione è che la fiducia nei confronti del governo stia crollando: un sondaggio del quotidiano Maariv indica che il 62% degli israeliani ritiene che Netanyahu abbia perso il sostegno della popolazione e la maggioranza si dice favorevole a un accordo.
Le piazze contro Netanyahu e Ben Gvir
Il malcontento è esploso anche nelle strade. Migliaia di persone hanno manifestato a Tel Aviv chiedendo un cambio di rotta, mentre un gruppo di attivisti ha contestato il ministro dell’ultradestra Itamar Ben Gvir, gridando “vergogna” e mostrando le foto degli ostaggi. Le proteste si stanno spostando anche davanti alle abitazioni di vari ministri, tra cui il titolare della Difesa Israel Katz e quello degli Esteri Gideon Saar. La pressione popolare alimenta il dibattito politico. L’ex generale Benny Gantz ha proposto la creazione di un “governo per la liberazione degli ostaggi” di durata semestrale, che includa anche l’opposizione. “Non voglio salvare Netanyahu, voglio salvare gli ostaggi”, ha dichiarato. Ma l’idea è stata respinta da Liberman e da Ben Gvir, che ribadiscono la linea della “vittoria totale” su Hamas.
Vittime anche tra i giornalisti
Il conflitto continua a colpire anche la stampa. A Gaza è stato ucciso Khaled Al-Madhoun, cameraman di Palestine Tv, colpito dalle forze israeliane nel nord della Striscia. Il sindacato dei giornalisti palestinesi ha denunciato un “tentativo deliberato di mettere a tacere la verità”.
Khamenei e la posizione dell’Iran
Sul piano regionale, il leader supremo iraniano Ali Khamenei ha dichiarato che “i problemi con gli Stati Uniti non si risolveranno mai” e ha accusato Israele e Washington di voler destabilizzare la Repubblica islamica. Ha poi lodato gli attacchi degli Houthi, definendoli “coraggiosi”, e ribadito che l’Iran è pronto a sostenere con ogni mezzo la lotta contro Israele, definito “un cancro mortale da estirpare”.