La Serbia torna a essere teatro di violente proteste antigovernative. Nella città di Novi Sad, nel nord del Paese, un gruppo di manifestanti ha preso d’assalto gli uffici locali del Partito Progressista Serbo (SNS), al potere dal 2012, demolendo parte della sede e lanciando oggetti contro le finestre. L’episodio, avvenuto nella notte tra domenica e lunedì, rappresenta l’apice di una mobilitazione che da mesi scuote il Paese. Le proteste sono esplose otto mesi fa, dopo il crollo mortale di una tettoia in una stazione ferroviaria appena ristrutturata. I manifestanti attribuiscono la tragedia alla negligenza e alla corruzione nei progetti infrastrutturali statali, e chiedono elezioni anticipate e maggiore trasparenza. Le tensioni si sono intensificate dopo l’arresto di diversi attivisti a Belgrado, dove migliaia di persone hanno bloccato le strade e paralizzato il traffico con barricate improvvisate. A Novi Sad, la rabbia si è riversata direttamente contro il partito al governo. Secondo i media locali, i manifestanti hanno lanciato uova, pietre e vernice contro la sede del SNS, danneggiando l’ingresso e le insegne. La polizia è intervenuta solo dopo diverse ore, evitando lo scontro diretto ma presidiando l’area per tutta la notte. Il presidente Aleksandar Vučić ha condannato le violenze, definendole “un attacco alla democrazia”, ma ha evitato di commentare le richieste di dimissioni. Intanto, le opposizioni denunciano l’uso eccessivo della forza da parte delle autorità e accusano il governo di voler criminalizzare il dissenso. Le proteste si sono estese anche a città più piccole, segno di un malcontento diffuso che va oltre la capitale. Con l’autunno alle porte, la Serbia si prepara a una stagione politica incandescente, dove le piazze sembrano decise a non arretrare.
