Alle ore 8:15 del mattino, il rintocco della campana ha attraversato il silenzio del Parco della Pace di Hiroshima, segnando l’esatto momento in cui, ottant’anni fa, il bombardiere americano Enola Gay sganciò la prima bomba atomica della storia. In quel minuto sospeso, 120 delegazioni internazionali, sopravvissuti, studenti e cittadini hanno commemorato le oltre 140.000 vittime dell’attacco nucleare del 6 agosto 1945. La cerimonia, intensa e sobria, ha visto il sindaco Kazumi Matsui leggere la tradizionale Dichiarazione di Pace, con un appello diretto alle nuove generazioni: “Le politiche errate in materia di sicurezza e armamenti nucleari possono condurre a conseguenze disumane. I giovani devono farsi avanti e guidare la società verso il consenso.” Il premier giapponese Shigeru Ishiba, presente alla commemorazione, ha ribadito l’impegno del Giappone per un mondo senza armi nucleari, pur evitando di menzionare il Trattato sulla proibizione degli armamenti atomici, a cui Tokyo non ha ancora aderito. Una posizione che continua a suscitare critiche, soprattutto alla luce del ruolo del Giappone come unico Paese vittima di attacchi nucleari. Tra i partecipanti, anche Yoshie Yokoyama, 96 anni, sopravvissuta all’attacco, arrivata in sedia a rotelle con il nipote. “Ho perso tutta la mia famiglia. Mio padre, mia madre, i miei nonni. La gente continua a soffrire,” ha detto ai giornalisti, con voce rotta dall’emozione. Secondo il Ministero della Salute, il numero degli hibakusha — i sopravvissuti riconosciuti — è sceso per la prima volta sotto quota 100.000, con un’età media superiore agli 86 anni. La loro testimonianza resta il pilastro morale di una memoria che rischia di svanire. Nel suo messaggio, il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres ha avvertito: “Il rischio di un conflitto nucleare è oggi più alto che mai. Le stesse armi che hanno devastato Hiroshima vengono nuovamente trattate come strumenti di coercizione.”
