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Annegamenti in aumento, 31 morti in due mesi tra laghi e fiumi

sabato, 2 Agosto 2025
2 minuti di lettura

Un morto ogni due giorni. È il tragico bilancio dell’estate italiana tracciato dalla Società italiana di medicina ambientale (Sima), che lancia l’allarme sulla crescita degli annegamenti nelle acque interne. Solo tra giugno e luglio 2025, in Italia si sono contate 31 vittime rinvenute nei fiumi e nei laghi del territorio nazionale. Numeri in aumento rispetto allo stesso periodo del 2024, quando i decessi furono 22 tra il 1° giugno e il 15 luglio. “Si tratta in media di una persona che muore ogni due giorni. Le acque interne nascondono pericoli spesso sottovalutati: è urgente rafforzare la prevenzione e i controlli locali, soprattutto nei luoghi più frequentati durante la stagione estiva”.
I dati forniti da Sima si basano sul monitoraggio costante della stampa nazionale e locale, che negli ultimi anni si è fatta eco di decine di tragedie avvenute in corsi d’acqua e specchi d’acqua dolce. Una emergenza silenziosa, troppo spesso trascurata rispetto alla sicurezza sulle spiagge.

Nel mondo oltre 236mila morti ogni anno

Il Presidente di Sima Alessandro Miani spiega: “I fiumi possono nascondere mulinelli e forti correnti, i laghi fondali profondi e improvvisi. Spesso la riva rocciosa è resa scivolosa dalle alghe, rendendo difficile il ritorno a terra in caso di difficoltà. A tutto questo si somma l’assenza di controlli, la mancanza di sorveglianza e la sottovalutazione del rischio”. L’Italia non è un caso isolato. Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità, ogni anno nel mondo circa 236mila persone muoiono per annegamento, una media di 650 decessi al giorno. Nell’ultimo decennio si contano oltre 2,5 milioni di morti.
Gli incidenti non avvengono solo in mare aperto, ma anche in ambienti domestici: piscine con pochi centimetri d’acqua, vasche da bagno, o piccoli canali possono diventare fatali, soprattutto per i più piccoli.

Bambini le vittime più esposte

Secondo l’Oms, le vittime più frequenti sono i bambini tra 1 e 4 anni, seguiti dalla fascia di età tra i 5 e i 9 anni. È in queste categorie che il rischio è massimo: per la scarsa autonomia in acqua, la curiosità naturale che li porta ad avvicinarsi a bacini pericolosi, ma anche per la mancanza di sorveglianza adeguata. “Basterebbero più controlli, una segnaletica più chiara, vieti reali in alcune aree ad alto rischio e una migliore informazione pubblica sui pericoli reali di fiumi e laghi”.
L’appello della Società italiana di medicina ambientale è chiaro: non si può più considerare l’annegamento un “fatto accidentale”, ma serve un’azione sistemica. “Bisogna avviare campagne di educazione alla sicurezza in acqua, a partire dalle scuole – continua Miani – e prevedere programmi di formazione al primo soccorso. Ogni minuto conta in caso di annegamento e, spesso, chi assiste non sa come agire”.

La richiesta

La Sima chiede che ogni amministrazione locale si doti di un piano di prevenzione specifico per le acque interne, con: mappatura delle aree a rischio, installazione di cartelli di avviso e divieto, maggiore presenza di personale di vigilanza o soccorso, sensibilizzazione di cittadini e turisti. “Serve una cultura diffusa del rischio – conclude Miani – perché nessun ambiente acquatico è sicuro senza consapevolezza e responsabilità”.

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