Un’ondata di vendite ha travolto le principali piazze finanziarie mondiali, in quello che è già stato ribattezzato il “venerdì nero” dell’economia globale. A innescare il terremoto, l’annuncio shock del presidente Donald Trump: dazi fino al 50% su decine di partner commerciali, tra cui Canada, India e Taiwan, con l’Europa che si salva parzialmente grazie all’accordo del 15%. Ma a pesare sui listini è anche il clima di tensione istituzionale negli Stati Uniti. Wall Street ha chiuso in profondo rosso: il Dow Jones ha perso l’1,23%, il Nasdaq il 2,24% e lo S&P 500 l’1,60%. Milano ha ceduto il 2,55%, scendendo sotto la soglia psicologica dei 40.000 punti. Le banche sono state le più colpite, con ribassi superiori al 5% per Intesa Sanpaolo e Fineco. A gettare benzina sul fuoco, il rapporto sull’occupazione di luglio: solo 73.000 nuovi posti di lavoro, contro i 100.000 attesi, e disoccupazione in salita al 4,2%. Trump ha reagito con furia, licenziando la responsabile del Dipartimento del Lavoro, accusata di aver “truccato i numeri” per sabotare la sua politica economica. Un’accusa grave, che ha scatenato polemiche bipartisan. Nel frattempo, la governatrice della Federal Reserve, Adriana Kugler, ha rassegnato le dimissioni, ufficialmente per “motivi personali”, ma secondo fonti vicine alla Fed, il clima di pressioni politiche e attacchi diretti da parte della Casa Bianca avrebbe reso insostenibile il suo mandato. Il mix esplosivo di protezionismo, instabilità istituzionale e dati macroeconomici deludenti ha riacceso i timori di stagflazione. Gli investitori ora guardano con apprensione alle prossime mosse della Fed, mentre il dollaro perde terreno e l’oro torna a brillare come bene rifugio.
