domenica, 27 Luglio, 2025
Economia

Il fisco che non si vede: così lo Stato incassa senza far rumore

Ogni anno una famiglia tipo versa oltre 20mila euro tra imposte e contributi, ma il 97% viene prelevato in modo automatico o nascosto. La Cgia: servono più trasparenza e consapevolezza nel rapporto tra cittadini e tasse

Oltre 20mila euro all’anno. È questo il peso medio delle tasse su una famiglia italiana con due lavoratori dipendenti e un figlio a carico. Ma la vera sorpresa è che quasi tutto questo importo (il 97%) viene sottratto senza che la famiglia ne abbia reale consapevolezza. Lo rileva l’Ufficio studi della Cgia di Mestre in un’analisi che mette a nudo un paradosso del nostro sistema fiscale: paghiamo tantissimo, ma ce ne rendiamo conto solo in parte.

Nel nostro Paese il rapporto tra cittadini e fisco assume connotazioni particolari, soprattutto per i lavoratori dipendenti. Secondo i dati Cgia, infatti, in oltre 9 casi su 10 il prelievo fiscale avviene ‘alla fonte’: l’Irpef e i contributi previdenziali vengono trattenuti direttamente dalla busta paga, mentre l’Iva e le accise sono già incorporate nel prezzo dei prodotti e servizi che acquistiamo. Per la famiglia tipo presa a riferimento nello studio, il peso fiscale complessivo nel 2025 sarà di 20.231 euro. Ma solo 640 euro (appena il 3,2% del totale) verranno effettivamente pagati in modo diretto, a esempio con un bonifico o allo sportello per la Tari o il bollo auto.

Dalla busta paga lorda della coppia tipo vengono sottratti automaticamente 12.504 euro tra Irpef, contributi previdenziali e addizionali (61,8%) e 7.087 euro sotto forma di imposte indirette e ‘nascoste’: Iva, accise su carburanti, canone Rai, Rc auto e altro (35%). Il totale prelevato senza intervento diretto del contribuente ammonta così a 19.591 euro, pari al 96,8% del carico fiscale. Il resto, meno di 640 euro l’anno, è ciò che si paga manualmente. Una cifra modesta, ma proprio per questo, molto più ‘percepita’.

La percezione fiscale

Quando il prelievo è automatico, la consapevolezza si attenua. Questo spiega perché, secondo la Cgia, i lavoratori dipendenti sono tendenzialmente meno insofferenti nei confronti del fisco rispetto agli autonomi. Chi riceve una busta paga già ‘al netto’, spesso non si pone il problema di quanto effettivamente viene versato allo Stato. Viceversa, per un autonomo, ogni scadenza fiscale è un bonifico, una delega F24, una somma da togliere dal conto corrente. Il gesto fisico del pagamento genera una percezione più marcata e, talvolta, un sentimento di frustrazione.

È inevitabile: più si è coinvolti nel processo di pagamento, maggiore è il rischio di evasione. Gli autonomi, infatti, hanno più possibilità, e più tentazioni, di sottrarsi al prelievo fiscale. Ma la Cgia invita a evitare semplificazioni: se è vero che l’Irpef rappresenta il cuore del gettito, questa imposta copre solo il 30% delle entrate fiscali totali. Il restante 70%, costituito da Iva, accise, tributi locali e altre imposte indirette, è evadibile da tutti, indipendentemente dalla forma di lavoro. In altre parole, l’evasione è un problema sistemico, non solo dei professionisti e dei commercianti.

Secondo i dati elaborati dalla Cgia, in Italia i contribuenti Irpef sono 42,5 milioni in totale. Di questi, 23,8 milioni sono lavoratori dipendenti, 14,5 milioni pensionati, 1,6 milioni autonomi e 1,6 milioni altri (rendite, affitti e così via.). A livello territoriale, Roma guida la classifica con 2,9 milioni di contribuenti, seguita da Milano (2,5 milioni) e Torino (1,6 milioni). Gli autonomi rappresentano una fetta ridotta, ma fiscalmente molto attiva: 105mila a Roma, 96mila a Milano, 62mila a Torino.

Tasse alte, servizi incerti

Il report evidenzia anche un altro dato allarmante: l’Italia è uno dei Paesi con la pressione fiscale più alta dell’Unione europea. Nel 2024 il peso delle tasse sul Pil italiano è stato del 42,6%, superiore alla media Ue (40,4%). Ecco alcuni confronti: Danimarca 45,4%, Francia 45,2%, Belgio 45,1%, Austria 44,8%. Germania si ferma al 40,8%, mentre la Spagna scende addirittura al 37,2%. Siamo al sesto posto in Europa, superati solo da Paesi che, però, offrono servizi pubblici considerati più efficienti ed equi.

Questo alimenta un senso di ingiustizia diffusa tra i contribuenti italiani. Il paradosso sta tutto qui: le tasse vengono pagate, ma non ‘sentite’. La trattenuta alla fonte rende il prelievo meno doloroso, ma anche meno trasparente. Molti italiani non sanno davvero quanto versano ogni anno allo Stato, né hanno un quadro chiaro di cosa ricevono in cambio. Questa inconsapevolezza può tradursi in rassegnazione, ma anche in una progressiva sfiducia nelle istituzioni. Pagare senza capire è un rischio per la tenuta fiscale e sociale del Paese.

La Cgia per questo motivo ropone una riflessione chiara: serve maggiore trasparenza tra Stato e cittadini. La digitalizzazione fiscale ha già fatto molto, ma si può fare di più. d esempio, rendere più visibili i costi e i benefici dei servizi pubblici, alleggerire il carico fiscale sul lavoro, semplificare il sistema tributario. Pagare le tasse è un dovere, certo. Ma capire cosa si paga e perché dovrebbe essere un diritto.

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Redazione

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